Urne aperte in Egitto per le elezioni presidenziali, che il presidente golpista Al Sisi si appresta a vincere. Il presidente ha un solo concorrente perché gli altri rivali sono stati arrestati o dissuasi. L’unico indicatore di gradimento è l’affluenza, che potrebbe essere bassa come nel 2014. Il regime però gode del sostegno internazionale, da Putin a Trump fino all’Arabia Saudita. L’intervista a Giuseppe Acconcia.

Si sono aperte due giorni fa le urne in Egitto per le elezioni presidenziali e si chiuderanno domani, anche se i risultati arriveranno il 2 aprile. Elezioni che il giornalista e ricercatore Giuseppe Acconcia, dai nostri microfoni, non esita a definire “una farsa“.
Il presidente Abdel Fattah al Sisi, che è al potere grazie al golpe del luglio 2013, infatti, ha un solo concorrente, Moussa Mostafa Moussa, un esponente di un piccolo partito che aveva sempre sostenuto Al Sisi e che ha già dichiarato che non corre contro il presidente.

Tutti i rivali di Al Sisi, anche coloro che avevano manifestato l’intenzione di candidarsi, sono stati arrestati o dissuasi dal farlo. Se a questo dato ne aggiungiamo altri, come gli oltre 40mila detenuti politici incarcerati nel Paese o gli oltre 2mila desapareçidos, tra cui ci fu Giulio Regeni, è evidente che l’Egitto si configura come un regime dove la libertà e la democrazia non sono garantite.

L’unico indicatore sul reale gradimento di Al Sisi, dunque, resta quello dell’affluenza alle urne. “Nel 2014 oscillò tra il 24 e il 27% – ricorda Acconcia – e il regime ha esteso le giornate per votare, oltre a ricordare, come in una scena orwelliana, a tutti di recarsi alle urne attraverso gli altoparlanti dei grandi centri commerciali”.
Il ricercatore osserva che il gradimento del presidente egiziano non è alto per diversi motivi, uno dei quali è sicuramente il taglio alla spesa pubblica che ha dovuto operare per accedere ai prestiti del Fondo Monetario Internazionale. “Ciò ha prodotto l’aumento dei prezzi e dell’inflazione e altre conseguenze soprattutto per le fasce più povere della popolazione”, osserva Acconcia.

Diverso, invece, è il gradimento di Al Sisi fuori dal Paese, dove gode di un grande sostegno internazionale. Il presidente egiziano è gradito alla Russia di Putin e agli Stati Uniti di Trump, ma anche all’Arabia Saudita. L’Egitto, infatti, è considerato un Paese importante per il mantenimento della stabilità in Medio Oriente.
Gli unici critici sembrano essere la Turchia di Erdogan, con quale è in atto una crisi diplomatica scaturita dalla volontà turca di costruire una base militare nel Mar Rosso, e l’Etiopia, dove la contesa si concentra sulla costruzione di una diga.

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