Secondo il report presentato da Legambiente “Ecomafia 2020” l’Emilia Romagna è al dodicesimo posto nella classifica delle regioni in cui si compiono reati ambientali. Tuttavia, anche se ci troviamo a “metà classifica”, il dato non è assolutamente rassicurante se confrontato con i numeri del 2019 dai quali si può osservare un incremento del 48% rispetto al 2018.

Ecoreati, il report “Ecomafia 2020”

Dal rapporto curato dalla sezione Legambiente Emilia-Romagna, in collaborazione con Libera e l’associazione degli avvocati di Bologna emerge un quadro che permette poco da sperare. I dati nazionali mostrano un incremento dei reati ambientali di oltre il 23% rispetto al 2019. Questi reati sono concentrati maggiormente in quelle aree con una presenza mafiosa più incisiva, infatti più del 44% del totale è riscontrato tra Campania (16%), Puglia (10,4%), Calabria (8,6%) e Sicilia (9,4%). La percentuale dell’Emilia Romagna, che ci colloca in 12esima posizione, è del 3,4% rispetto al totale dei reati ambientali commessi in Italia. Come afferma Enrico Fontana di Legambiente Emilia Romagna «è vero che è a metà classifica, ma rispetto ai 1178 reati accertati da forze dell’ordine e capitaneria di porto il dato è in crescita del 48% rispetto ai dati del 2018. Quindi c’è stata un crescita degli illeciti ambientali con un trend significativamente superiore alla media nazionale». Fontana ricorda positivamente che c’è stato anche un aumento dei controlli che hanno quindi permesso di scovare illeciti che prima rimanevano impuniti.

I reati connessi con il ciclo dei rifiuti nella nostra regione, che ammontava a 351 reati nel 2019, sono cresciuti del 36,2%. Le prime due province dove si riscontrano queste infrazioni sono quelle di Forlì-Cesena e Reggio Emilia con 40 reati accertati ciascuna, mentre la provincia con il maggior numero di persone denunciate è Reggio Emilia e il negativo primato dei sequestri lo ha la provincia di Rimini (18). I reati connessi invece con il ciclo del cemento hanno avuto una crescita ancora più significativa: i 116 casi del 2018 sono aumentati infatti del 119%. Tuttavia, questo dato è cresciuto in modo diffuso nel nostro Paese, in particolare nelle aree costiere. Fontana imputa questo incremento al maggior numero di controlli effettuati rispetto agli anni passati. Fortemente connessi ai reati ambientali, sono quelli riconducibili alla filiera agroalimentare che vede un aumento del 45% dell’attività di controllo così come vi è un aumento del 54,9% rispetto ai reati accertati nel 2019.

A livello nazionale, il business che ruota intorno a questi reati ammonta all’incirca a 20 miliardi di euro e tra questi l’impatto significativo è dato dalla gestione illecita dei rifiuti speciali che comprende il 26,3% del totale , e che ha visto coinvolte 90procure e 48 paesi esteri; in secondo luogo quelli connessi all’abusivismo edilizio che superano il 20%.

Questi reati ambientali sono imputabili grazie alla legge 68 introdotta nel 2015 che si è aggiunta alla legge del 2001 sullo smaltimento dei rifiuti, ma non è abbastanza. Per contrastare in modo più efficace questi illeciti Legambiente propone varie misure, tra cui l’approvazione del disegno di legge contro le agro-mafie, che attualmente è fermo alla Camera e quello contro chi saccheggia il patrimonio culturale, archeologico e artistico che è stato approvato alla camera già nel 2018 e ripresentato al Senato. Inoltre, l’associazione propone nel Titolo VI-bis del Codice penale di azioni adeguate ed efficaci nei confronti di chi commette crimini contro gli animali e che consentirebbe alla magistratura di dare fino a 6 anni di reclusione e 150.000 euro di multa ai rei. Altre misure da adottare secondo Legambiente sono: l’accesso gratuito alla giustizia per le associazioni ambientali e l’inasprimento delle sanzioni per il delitto di traffico organizzato di rifiuti.

Manuela Bassi

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