A distanza di quasi due anni dalla comparsa del virus, pare che gli ospedali siano di nuovo in sofferenza a causa dei troppi ricoveri da contagio. La cosa, inevitabile all’inizio della pandemia, oggi francamente pare incomprensibile: difficile pensare di ricorrere alla scusante del fattore sorpresa dopo un lasso di tempo così ampio. Certo, ci sono sempre i no vax su cui dirottare attenzioni e colpe, ma le loro fila si stanno via via assottigliando e il giochino non potrà durare ancora a lungo.

In questi due anni in molti si sono prodigati nell’esaltare la centralità del servizio sanitario pubblico, tante le belle parole usate per invocare l’impellente necessità di potenziarne strutture e personale. Di fatti però se ne son visti pochi. Di chi la responsabilità? Se è legittimo pensare che la deferenza di gran parte della cittadinanza verso il governo del “migliore” non si protrarrà in eterno di fronte all’evidente insolvenza di tanti, troppi bei propositi, è altrettanto vero che anche le regioni (e le aziende sanitarie) dovranno in qualche modo porsi delle domande e, in tempi ragionevolmente brevi, darsi e darci delle risposte.

E anche laddove si è ampliato numericamente il personale, qualcosa non ha funzionato e non funziona. L’Emilia Romagna è la regione in cui si è assunto più personale sanitario dall’inizio della pandemia (con quali tutele contrattuali, poi è un altro discorso) eppure anche qui gli ospedali soffrono terribilmente e molti interventi chirurgici già programmati vengono rimandati e interi reparti convertiti in spazi covid.  La gravità della situazione è tale da aver spinto l’azienda sanitaria a prendere il provvedimento di sospensione, seppur non in modo generalizzato e al momento per un solo mese, delle ferie già programmate.

Abbiamo provato a capirci qualcosa di più, intervistando Gaetano Alessi, Funzionario comparto Sanità – AUSL Bologna.