Nel corso della 67^ sessione della Commissione delle Nazioni Unite sugli stupefacenti (Cnd), conclusasi lunedì scorso, è stata adottata una risoluzione che per la prima volta riconosce la riduzione del danno come una parte importante di un’efficace risposta sanitaria pubblica. La risoluzione incoraggia gli Stati membri a sviluppare e attuare misure per ridurre al minimo le conseguenze negative sulla salute pubblica e sociali dell’uso di droghe illecite.

La riduzione del danno riconosciuta su spinta degli Usa piagati dalle overdose di Fentanyl

La risoluzione è stata presentata dagli Stati Uniti, che in questi anni stanno vivendo una vera e propria strage dovuta alle overdose da Fentanyl. Un problema che allarma anche altri Paesi nel mondo, che temono che questa vera e propria epidemia si allarghi.
«Si parla di 100mila morti all’anno negli Usa, più di 600mila negli ultimi dieci anni – osserva ai nostri microfoni Leonardo Fiorentini, segretario di Forum Droghe – Ciò ha persuaso anche un proibizionista come il Segretario di Stato Antony Blinken ha parlare di riduzione del danno».

Per arrivare all’approvazione della risoluzione in sede Cnd si è rotta anche la metodologia adottata fin dagli anni ’80, che per le decisioni si basava sul metodo nel consenso unanime. «Da un lato le overdose, dall’altro la brutta considerazione che ha la Russia al momento nel consesso internazionale hanno spinto a votare a maggioranza», spiega Fiorentini.
È la prima volta che l’espressione “riduzione del danno” viene sdoganata nell’organismo politico che poi decide le politiche internazionali sulle droghe e ciò può rappresentare una breccia in quello che, invece, è stato il manicheismo del proibizionismo.

Anche l’Italia, contrariamente a quanto fatto nel 2009 col governo Berlusconi, ha approvato la risoluzione. In più ha sottoscritto un documento presentato dalla Colombia in cui si chiede una riforma delle politiche globali sulle droghe.
«In Italia la riduzione del danno è inserita nei livelli essenziali di assistenza dal 2017 – sottolinea il segretario di Forum Droghe – ma non in tutte le regioni e, all’interno delle regioni, non in tutte le città ci sono gli stessi servizi, come lo scambio di sirighe o il tracciamento delle droghe. L’Italia ora deve essere conseguente all’impegno sottoscritto».

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