Il 14 aprile è uscito “Suono Sporco volume 3”, a poco più di un anno di distanza dal primo capitolo. Abbiamo intervistato il dj e producer torinese per farci raccontare la varietà che ha sempre caratterizzato la sua carriera, la sua visione della musica e come vede il futuro del rap in Italia.

Dj Fede conclude la trilogia di Suono Sporco

Parlare con Dj Fede è come fare una lezione universitaria sulla storia della musica rap e sulla cultura hip hop, solo più interessante. Abbiamo avuto l’onore di fare due chiacchiere con il produttore torinese a proposito della sua trilogia di “Suono Sporco” e sulla sua lunga carriera da dj nei club di tutta Europa.
Ci ha raccontato che “Suono Sporco” è stato suddiviso in tre dischi più per un’esigenza tecnica di durata: essendo profondamente legato al formato fisico, sul vinile è possibile registrare circa 12 tracce per non comprimere troppo la qualità del suono. Così quando si è ritrovato con un catalogo di quasi quaranta canzoni ha deciso di distribuirle. Il disco nasce dalla solita voglia di fare musica, di produrre beat. Quando è arrivato il pezzo de Il Turco, che si chiamava Suono Sporco, sono rimasto folgorato – ci dice – e da lì ho capito che sarebbe stato il titolo perfetto per l’album, e così è stato. Man mano ho messo insieme i primi pezzi che mi arrivavano e il progetto ha iniziato a prendere forma.
È consapevole che al giorno d’oggi la fruizione della musica è diventata troppo veloce e si predilige l’ascolto di brani brevi, però alle posse e alle tracce su cui più rapper si alternano lui non vuole rinunciare.

Una carriera che dura da più di trent’anni, iniziata per precisione a dicembre del 1989 come dj nelle discoteche e tecnico radiofonico. Poi nel ’94 si è avvicinato al rap e da lì è nato un amore per la cultura Hip Hop che non l’ha mai abbandonato. Nonostante i continui mutamenti sociali, che condizionano inevitabilmente anche la musica, il suo approccio alla musica è rimasto pressoché identico. Per lui non è una contraddizione produrre album che sono diventati – e diventeranno – pietre miliari del rap italiano e allo stesso tempo portare nei più importanti club d’Europa la musica urban.
«La mia fortuna è stata quella di iniziare come dj in ambienti popolari, perché mi ha permesso di entrare in contatto con influenze diverse. E mentre in Italia tutti si muovevano in compartimenti stagni, io giravo il mondo e capivo che conta più come la vivi la musica, piuttosto che cosa fai».
Da New York a Londra, passando per Ibiza, porta un tripudio di suoni in cui prevale la black music tanto cara al produttore torinese: campioni soul, jazz e funk alternati in base alla scelta del rapper presente sulla traccia. Nel panorama italiano è uno dj con più collaborazioni all’attivo proprio perché gli piace sperimentare e non limitarsi mai: mi concedo spesso del tempo per staccare un po’ e esplorare altre sonorità che mi ispirano e con cui ho piacere di provare a confrontarmi, dice. E nel futuro del rap italiano vede solo cose buone: grazie anche al momento storico che stiamo vivendo, i giovani artisti di oggi secondo lui hanno la mente aperta, sperimentano e si divertono, ed è una cosa positiva perché portano respiro e nuove sonorità in un ambiente che rischia di diventare claustrofobico se rimane ancorato a vecchi princìpi.

Porterai in live Suono Sporco? No, sarebbe impossibile – risponde – perché nei miei dischi raccolgo rapper da tutte le parti d’Italia (e non solo, Mattak e Funky Nano sono svizzeri) e a livello organizzativo è complicato.  Però ci spiega che avendo all’attivo così tanti progetti, i live non gli mancano di certo. Uno degli ultimi progetti realizzati lo vede da produttore insieme al rapper Dafa dei Lyricalz, e con lui porteranno in giro per tutta la penisola l’album Young Veterans 1974, e alcuni pezzi dei rispettivi repertori.
Ringraziamo veramente la disponibilità di Dj Fede e la conoscenza che ci ha trasmesso in pochi minuti di telefonata, e vi consigliamo di recuperare la sua (immensa) discografia.

ASCOLTA QUI L’INTERVISTA A DJ FEDE: