Questa mattina la Commissione Bilancio del Senato è chiamata a discutere e votare gli emendamenti del governo alla sua stessa manovra economica, tra cui il cosiddetto emendamento antidelocalizzazioni. In questo modo l’esecutivo conta di dare seguito alle promesse fatte nel luglio scorso, in particolare dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, agli operai della Gkn di Campi Bisenzio. Ma sono proprio i lavoratori della Gkn a bocciare l’emendamento antidelocalizzazioni, perché la sua formulazione non risolverebbe il problema e, anzi, ostacolerebbe la lotta di chi lavora.

Il no dei lavoratori Gkn all’emendamento contro le delocalizzazioni

L’emendamento con il quale il governo conta di scoraggiare le delocalizzazioni viene bocciato dai lavoratori di Gkn. Il provvedimento introdurrebbe una sanzione pari al doppio del contributo di licenziamento se l’azienda non presenta il piano per la delocalizzazione o se nel piano mancano gli elementi previsti, come la gestione degli eventuali esuberi.
«Si introduce semplicemente una multa per eccesso di velocità di delocalizzazione», sottolineano in un video i lavoratori di Gkn, che sottolineano come di fatto l’emendamento non ostacoli la chiusura di fabbriche, ma la gestisca in modo più ordinato.

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Anzi: un emendamento del genere renderebbe più difficoltosa la resistenza dei lavoratori, proprio come nel caso della Gkn. In particolare, si sottolinea che se l’emendamento fosse stato in vigore qualche mese fa, quando i sindacati impugnarono la procedura di licenziamento della proprietà dell’azienda, il fondo finanziario Melrose, il tribunale non avrebbe potuto dare loro ragione come invece è accaduto.
I lavoratori usano una metafora spinta per commentare la questione: «È come se di fronte alla pena di morte si discutesse del bon ton della procedura del boia – sottolineano – Mentre c’è stato qualcuno che ha volato più alto e ha chiesto l’abolizione della pena di morte».

Per queste ragioni i lavoratori di Gkn lanciano un’appello: «Lasciate perdere l’emendamento e riprendete in mano la nostra legge». Grazie ad un gruppo di giuristi democratici, infatti, nei cinque mesi di mobilitazione i lavoratori hanno elaborato una proposta di legge per affrontare il problema delle delocalizzazioni, ma più in generale per portare un cambiamento nel mondo del lavoro e delle politiche industriali dell’Italia.