Le riaperture estive e l’allentamento delle restrizioni dovute alla pandemia danno maggiore spazio ai festeggiamenti di Dams50, la serie di iniziative per celebrare i cinquant’anni del dipartimento di Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo.
Tanti gli eventi, le mostre, gli incontri che il dipartimento sta mettendo in campo per ripercorrere la sua storia, ma anche per ragionare sul presente e sul futuro attraverso i grandi nomi che lo hanno attraversato.

Dams50, il riconoscimento del direttore degli Uffizi

Questo pomeriggio, alle 18.00 in piazzetta Pasolini, Mauro Felicori e Anna Rosellini dialogheranno con lo storico dell’arte Eike Schmidt, che attualmente dirige le Gallerie degli Uffizi a Firenze. E proprio Schmidt, in un’intervista pubblicata ieri, ha affermato che senza il Dams probabilmente oggi non sarebbe arrivato a dirigere uno dei più prestigiosi musei italiani.
Un riconoscimento che commenta ai nostri microfoni il direttore del Dipartimento delle Arti Giacomo Manzoli: «Schmidt è molto gentile e lo ringrazio per questo, ma io sono convinto che sarebbe diventato direttore degli Uffizi a prescindere».

Manzoli ricostruisce anche che Schmidt ha frequentato il Dams durante l’Erasmus, che è risultato fondamentale nella sua formazione per cercare di dare un quadro organico alle sue competenze nella storia dell’arte, altrimenti molto verticali e settoriali. «Grazie al Dams e al confronto con altre discipline, come il cinema e la semiotica, è riuscito ad avere una prospettiva più ampia, che è quella che cerchiamo di dare fin dalle origini», aggiunge il direttore del Dipartimento delle Arti.

A proposito di origini, Manzoli è d’accordo nel ritenere la nascita del Dams, avvenuta nell’anno accademico 1970/71, come una prosecuzione del ’68. «Il ’68 è l’epoca in cui tutto il sistema educativo viene ripensato in profondità – sottolinea il professore – Nasce l’università di massa e per fortuna, perché l’università di elite che c’era prima, riservata a pochissimi privilegiati, non rispondeva più ad alcuna delle sfide del presente, della società e dell’industria culturale». Da quei fermenti, dunque, il Dams nasce per dare una risposta al bisogno di formare operatori culturali in grado di diffondere la cultura a strati più ampi della popolazione.

Sulla storia del dipartimento è allestita presso il Museo della Musica di Strada Maggiore la mostra “No Dams” (il riferimento è agli annunci di affitto che escludevano quegli studenti). La mostra doveva concludersi il 20 giugno, ma il successo che sta ottenendo ha convinto a prorogarla per tutta l’estate. «La mostra non è esaustiva – sottolinea Manzoli – però troviamo alcuni periodi, alcune fasi che descrivono il sentimento dominante di quell’epoca, dalle origini pionieristiche degli anni ’70, gli anni ’80 con una serie di problemi per la ricerca di un’identità, ma anche tante energie che si sono sprigionate, poi gli anni ’90 e il confronto con Scienze della Comunicazione e gli anni 2000 con l’arrivo delle lauree magistrali e una certa istituzionalizzazione che speriamo non si completi mai fino in fondo».

Un ostacolo culturale attorno al mondo dello spettacolo

Il contesto in cui è nato e si è sviluppato il Dams, però, non è stato certo favorevole. Ancora oggi il lavoro culturale e nel mondo dello spettacolo non viene pienamente considerato come una professione da alcuni strati della popolazione.
«Il 18 giugno in piazza Maggiore ci sarà la proiezione del docu-fiction di Ambrogio Lo Giudice che si intitola “Andate a lavorare” – anticipa Manzoli – che riprende uno dei pregiudizi secondo cui chi si laureava al Dams non trovava lavoro. In realtà non è vero. Se abbiamo la fuga dei cervelli non credo che i cervelli in fuga siano solo umanisti o del Dams, ma purtroppo il nostro è un Paese che ai giovani offre molto poco».

Verso la quattro-giorni in piazza Maggiore, che si svolgerà dal 17 al 20 giugno, Dams50 prevede una serie di tavole rotonde con una serie con operatori culturali che provengono dal Dams e ora lavorano nei musei, nelle cineteche, nelle amministrazioni, con professioni importanti, vista l’importanza che, nel nostro Paese, la cultura ricopre nella produzione di ricchezza.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIACOMO MANZOLI: