Sono molteplici e ripetuti i fenomeni meteorologi estremi che si sono manifestati nell’ultimo decennio in Emilia-Romagna. I danni e le vittime provocati dall’ultima ondata di maltempo, con una quantità di precipitazioni pari a quella che cade in quattro mesi in appena 36 ore, sono purtroppo solo l’ultima apparizione del cambiamento climatico che colpisce i nostri territori.
Le alluvioni si alternano alla siccità, ma non mancano trombe d’aria, bombe d’acqua e ingressioni marine.

Il cambiamento climatico in Emilia-Romagna, dalle alluvioni alla siccità, passando per l’ingressione marina

Nel 2014, ad esempio, a finire sott’acqua per l’esondazione del Secchia furono i territori modenesi già colpiti dal terremoto due anni prima. Ma la fragilità idraulica del territorio emiliano-romagnolo si è manifestata a più riprese e in diversi contesti.
La provincia bolognese, ad esempio, nel solo 2019 è stata vittima di due distinte alluvioni. Una a febbraio, quando il Reno ruppe l’argine a Castel Maggiore allagando, oltre a quel Comune, anche quelli di Argelato, San Giorgio di Piano, Castello D’Argile e Pieve di cento. Pochi mesi dopo, a novembre dello stesso anno, fu il torrente Idice a provocare un’alluvione che mandò sott’acqua Budrio.

In entrambe le alluvioni bolognesi il problema fu causato da un caldo anomalo anche in montagna, che produsse uno scioglimento rapido delle nevi che si riversarono in fiumi e torrenti le cui portate non consentivano un normale deflusso.
Le nevi, invece, sono scagionate da quanto accaduto negli ultimi giorni, soprattutto per il fatto che l’inverno scorso è nevicato pochissimo, aggravando una siccità che si è protratta per oltre un anno. A determinare gli allagamenti e le esondazioni, in questa circostanza, sono state le intense precipitazioni, che a Casola Valsenio, nel ravennate, hanno segnato in appena 36 ore 260 millimetri, quanto piove in tre o quattro mesi e pari ad un terzo di quanto piovuto in tutto il 2021 (659 millimetri la media regionale). Sull’Appennino bolognese sono caduti “solo” 170 millimetri, una quantità comunque molto grande di pioggia.

A fare da contraltrare alle alluvioni è la siccità, che nel 2021-2022 ha colpito tutto il bacino padano e ha letteralmente prosciugato il Po, il principale fiume italiano, che per la prima volta ha mostrato il proprio fondale e alcune imbarcazioni affondate da decenni.
Il fiume in ritirata ha provocato il fenomeno la risalita del cuneo salino: l’acqua salata del mare ha percorso a ritroso per svariati chilometri il letto del fiume compromettendo la possibilità di coltivare per una vasta area.
Il mare si è mangiato la terra anche in un paio di altre occasioni, ad appena 90 giorni di distanza. Nel novembre 2022 nel gennaio 2023, infatti, le coste romagnole sono state vittima di ingressione marina.

Di fronte alla grande fragilità mostrata dal territorio, la Regione Emilia-Romagna ha investito molteplici risorse, ma i progetti appaiono rincorrere un’emergenza che viaggia più velocemente.
Nel 2021 viale Aldo Moro ha stanzato 90 milioni di euro per la difesa del suolo, che corrispondono a 492 cantieri.
Contro la siccità i progetti per la realizzazione di invasi e altre misure prevedono l’investimento di 700 milioni di euro e l’obiettivo è di recuperare quasi 100 milioni di metri cubi d’acqua in più a disposizione dell’agricoltura.