“Letta poteva risparmiarsi quella frase”. L’assessore comunale alla Cultura Alberto Ronchi polemizza col premier per la frase sui tagli alla cultura (“se si taglia io mi dimetto”): “Non c’è più niente da tagliare. È impossibile fare gli amministratori e programmare, stiamo facendo un miracolo”. E invita i cittadini a protestare. L’Italia investe nel settore meno dell’1% del pil.
“Siamo al limite del collasso”. Non ci gira intorno Alberto Ronchi, assessore alla Cultura del Comune di Bologna, che durante la presentazione della rassegna “Musica Insieme” si è lasciato andare ad uno sfogo sullo scarso interesse che il governo centrale ha nei confronti della cultura.
Ronchi se l’è presa direttamente con il presidente del Consiglio Enrico Letta che, nel corso di un’intervista tv nel programma di Fabio Fazio, ha affermato di essere pronto a dare le dimissioni qualora il suo governo decidesse di tagliare i finanziamenti al settore culturale. “Cosa promette? – si chiede l’assessore – Non c’è più nulla da tagliare. Poteva risparmiarsi quella frase”.
Ronchi considera un miracolo il lavoro che l’amministrazione di Palazzo D’Accursio sta facendo per continuare a garantire un’offerta artistica alla città e invita i cittadini che hanno a cuore questi temi a ribellarsi e far sentire la propria voce.
Gli Enti Locali hanno visto, negli ultimi anni, un continuo taglio nei trasferimenti da parte dello Stato e, quel che è peggio secondo l’assessore, non c’è mai la certezza delle entrate. “Come fa un Comune a programmare in queste condizioni? Dovremmo alzare bandiera bianca e dire che non possiamo più amministrare”.
A sostegno della propria tesi, Ronchi elenca anche dei dati. “L’Italia investe in cultura meno dell’1% del prodotto interno lordo. Peggio di noi fa solo la Grecia. Anche Stati come Francia e Stati Uniti investono fondi pubblici, anche se qualcuno continua a sostenere che gli spettacoli potrebbero sostenersi con le entrate dei biglietti”.
Il rischio, secondo l’esponente della giunta Merola, è che anche le produzioni culturali più interessanti cedano il passo al mainstream: “Vogliamo ridurre il Paese ad uno show televisivo continuo?”.