La scelta che i francesi sono chiamati a fare al ballottaggio per le presidenziali francesi è una scelta da cani. Da un lato il guinzaglio dell’austerity neoliberista europea, dall’altro il bastone neofascista. Chi si tira fuori viene insultato, ma è proprio il neoliberismo a fomentare il populismo fascista. Un vero e proprio cul de sac.
Macron-Le Pen: lo scontro su chi è meno peggio?
Se foste dei cani e doveste scegliere il vostro padrone, preferireste uno che vi tiene al guinzaglio o uno che vi bastona? Suona più o meno così la scelta che domenica i francesi sono chiamati a compiere nelle urne del ballottaggio per le presidenziali.
Da un lato il guinzaglio, sempre più corto e stretto, dell’austerity neoliberista europea, quella della Loi Travail, il Jobs Act francese, incarnata da Emmanuel Macron; dall’altro il bastone populista anti-migranti e nazionalista ma, come il vecchio fascismo, non autenticamente anti-capitalista, incarnato da Marine Le Pen.
Una scelta veramente difficile che, sono sincero, non dispiace affatto non essere chiamato a fare. Una soddisfazione da poco dal momento che, nel mondo globalizzato e il quel che resta dell’Europa, il risultato può avere conseguenze anche altrove, come ha già dimostrato l’elezione di Donald Trump.
Un minuto dopo l’arrivo dei risultati del primo turno, una vasta platea di non-francesi era già schierata, come se la scelta spettasse a lei. Probabilmente la sicurezza ostentata e l’inutile dichiarazione di (non) voto a favore di Macron sono state così decise proprio perché a compiere la scelta dovranno essere altri.
Le stesse persone, inoltre, non hanno lesinato insulti a Jean-Luc Melenchon, il candidato dell’estrema sinistra che ha scelto di non dare appoggio ad alcuno dei due candidati al ballottaggio. “Irresponsabile” è la definizione più generosa che è stata riservata all’esponente della sinistra radicale, proprio per il fatto che si è sottratto alla corsa di quasi tutti gli altri partiti francesi, dai socialisti al centrodestra, a favore del centrista Macron.
Il meccanismo del “meno peggio”, però, è talmente rodato e logoro da poter essere ormai considerato quasi una strategia del neoliberismo per mantenere il potere anche in assenza di consenso. Nel caso ciò non avvenga, chi si è sottratto alla scelta diviene facile capro espiatorio per oscurare e rimuovere le responsabilità e le cause dei perdenti, additando chi invece, nel caso francese da ormai vent’anni, mantiene dritta la barra e non accetta inciuci al ribasso, tentando una strada che, al momento, risulta inedita.
L’attuale situazione d’Oltralpe, inoltre, rappresenta un vero e proprio cul de sac. Un cane che si morde la coda, per ritornare alla metafora iniziale, in una spirale-deriva che va verso il fondo.
La ragione è presto detta: sono esattamente le politiche neoliberiste europee, agite tanto dalla destra moderata quanto dalla socialdemocrazia, la causa dell’affermazione e della crescita dei populismi. Alla sinistra, semmai, può essere imputata la colpa di non essere stata capace di canalizzare il legittimo dissenso all’austerity e ai diktat finanziari in direzioni non nazionalistiche e fascistoidi. Di certo, però, l’ormai inesistente (salvo rare eccezioni) sinistra europea non è responsabile dell’avanzata delle destre.
Votando Macron, quindi, paradossalmente si alimenta Le Pen. È duro da accettare, ma è così. Il darwinismo sociale delle controriforme del lavoro, i tagli al welfare per ripagare i detentori del debito pubblico e la guerra ai poveri in varie forme producono rabbia che va in due direzioni: contro l’establishment e contro chi sta peggio.
Votando Macron probabilmente si può scongiurare per un giro l’arrivo del nazionalismo autoritario, ma se non cambiano le politiche di chi sta al governo, se l’Europa non abbandona il neoliberismo feroce e la dittatura della finanza, se non nasce una vera alternativa a ciò che abbiamo visto finora, quello ad una forma conclamata di fascismo è solo un arrivederci, non certo un addio.
Sinceramente non so quale sia la scelta migliore da fare, se quella dei soliti responsabili o quella degli intransigenti. L’unica certezza che possiamo avere è che l’8 maggio, in Francia e in Europa, non ci sarà alcuna buona notizia.