Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, morto nel 2009 dopo un fermo, ha incontrato il Procuratore capo di Roma per confrontarsi sull’inchiesta del processo-bis, che vede indagati tre carabinieri. “Per la prima volta mi sono sentita tranquilla, forse è arrivato il momento per sperare davvero nella verità, dopo il primo processo che è stato su mio fratello”.

Una speranza nel processo Cucchi-bis

Il picco più alto di sconforto è stato alla lettura della sentenza di secondo grado, che assolse per insufficienza di prove tutti gli imputati per la morte di Stefano Cucchi, il 31enne romano fermato dai carabinieri nel 2009 e mai più tornato a casa. Eppure, già quella sentenza non negava che il ragazzo avesse subito violenze ed abusi.
Forse è stato proprio questo l’appiglio che ha dato forza alla famiglia per continuare a lottare per avere verità e giustizia, perché la morte di Stefano non poteva restare senza responsabili.

È di pochi giorni fa la notizia di una svolta nell’inchiesta nel cosiddetto processo Cucchi-bis, condotta dalla Procura di Roma, che vede tre carabinieri iscritti nel registro degli indagati.
Ieri Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, insieme all’avvocato Fabio Anselmo ha incontrato il procuratore capo Giuseppe Pignatone per fare il punto della situazione. Un incontro molto proficuo, che ha dato ad Ilaria l’impressione che l’inchiesta fosse ad un punto molto avanzato.
“Non ho potuto fare domande – racconta ai nostri microfoni – ma per la prima volta mi sono sentita tranquilla e forse è ora possiamo sperare davvero di arrivare alla verità”.

Fin dal principio la famiglia aveva chiesto di indagare in tutte le direzioni, anche sulle prime ore del fermo di Stefano. Una cosa che evidentemente non avvenne nel primo processo, al punto di arrivare all’insufficienza di prove. “Io ho sempre pensato che quel processo sia stato su mio fratello – osserva Ilaria – ed è stato inaccettabile che i periti e i consultenti del pubblico ministero abbiamo così pesantemente condizionato quel processo”.

La sorella di Stefano Cucchi dice anche di ascoltare in continuazione le ultime due testimonianze, quelle dei carabinieri che collaborano con la Procura. “Penso a come raccontano le condizioni di salute di Stefano, che stava male – osserva – e ricordo invece a chi testimoniò che non stava poi così male e che poteva addirittura stare a casa. Questo è stato il primo processo”.
Ora, però, la svolta sembra arrivata e nella famiglia Cucchi si è riaccesa la speranza.