Fra tre giorni, a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, comincerà Cop28, la conferenza internazionale sul clima. L’appuntamento di quest’anno è stato preceduto dalle polemiche per la location, un Paese che fa del petrolio e delle fonti fossili il principale business, e per la persona scelta a presiedere la conferenza Ahmed Al Jaber, amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company, dodicesima compagnia petrolifera al mondo.
Premesse che fanno abbassare enormemente le aspettative nei confronti di un vertice che, anche quando ha raggiunto accordi importanti, come quello di Parigi nel 2015, ha dimostrato di avere uno scarso impatto sulle politiche concrete di contrasto alla crisi climatica.

Cop28 tra i petrolieri: cosa aspettarsi dal vertice di Dubai sulla crisi climatica

Accando al luogo e alla presidenza, la Cop28 a Dubai è stata anticipata anche dalla denuncia delle condizioni di lavoro di chi realizzava le strutture per lo svolgimento del vertice stesso. Un report della ong britannica FairSqare, infatti, ha dimostrato che gli operai erano costretti a lavorare con temperature estreme, in violazione di una legge degli stessi Emirati Arabi.
A raccontare cosa ci dobbiamo aspettare da Cop28 è, ai nostri microfoni, il giornalista Lorenzo Tecleme, curatore del libro “Guida rapida alla fine del mondo“.

È proprio Tecleme a partire dagli elementi positivi che potrebbero uscire dalla conferenza. A partire dall’impegno per triplicare le installazioni di fonti rinnovabili. «Un impegno non banale, ma che sembra essere alla portata – osserva il giornalista – specie quando alcuni grandi Paesi come la Cina stanno investendo moltissimo in questo settore».
Un altro tema sul tavolo, per il quale un accordo è più difficile, è stato ereditato dalla Cop precedente, svoltasi a Sharm el-Sheikh, con l’accordo per il “loss and damage”, cioè il risarcimento dei Paesi ricchi verso i Paesi più poveri colpiti dalla crisi climatica.
Cop28 avrà il compito di dettagliare l’intesa dell’anno scorso. «Qui le trattative è più difficile, c’è un grande scontro globale tra il nord e il sud e gli Stati Uniti stanno facendo grande ostruzionismo – osserva Tecleme – Ma è possibile che a Cop28 vedremo delle sorprese positive».

Ciò che invece possiamo con poco margine di errore aspettarci è che la conferenza non porti a nuovi impegni per la riduzione delle emissioni o altre strategie di contrasto alla crisi climatica. «Ancora si discute dal punto di vista terminologico se nel documento finale si possa scrivere che i combustibili fossili vadano eliminati o solamente ridotti», sottolinea il giornalista.
Nel frattempo, però, la crisi climatica sta accelerando. Diversi report usciti nei giorni scorsi anticipano dal 2050 inizialmente stimato l’aumento medio delle temperature globali sopra i due gradi. «Per la prima volta abbiamo superato la soglia psicologica dei 2 gradi di aumento della temperatura globale – riporta Tecleme – È stato per un giorno soltanto, ma è comunque una prima volta. Nel frattempo stiamo osservando molte prime volte, abbiamo passato un anno di record quanto ad incendi, alluvioni e temperature».

In tutto questo scenario i movimenti sociali sul clima continuano a mobilitarsi e, negli anni, sono riusciti a condizionare alcune priorità del governo.
Ciò che dovranno fare a Dubai durante Cop28, intanto, è capire come protestare, dal momento che i diritti garantiti negli Emirati Arabi Uniti sono assai più limitati che altrove.
«È interessante la scelta che hanno fatto alcuni movimenti per il clima – osserva Tecleme – che hanno scelto di mandare come delegati alla conferenza attiviste e attivisti provenienti dal sud del mondo, come segno anche simbolico: questa parte del mondo deve essere ascoltata e non deve rimanere un vertice semplicemente eurocentrico, occidentalocentrico o biancocentrico».

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