Ha fatto clamore, due giorni fa, la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani con la quale accoglie il ricordo di un’associazione di anziane e condanna la Svizzera sul tema della crisi climatica.
Per la prima volta un tribunale sovranazionale interviene in materia di crisi climatica riconoscendo che potrebbe minare i diritti umani e che quegli organismi, come gli Stati, che non fanno abbastanza per contrastarla devono essere considerati inadempienti.

La Svizzera condannata dal tribunale europeo per inadempienza sulla crisi climatica

La sentenza che ha condannato il Paese elvetico nasce da un ricorso presentato da Verein KlimaSeniorinnen Schweiz, associazione di oltre duemila anziane svizzere che, dopo aver perso un processo in patria, si sono rivolte alla Corte europea. Quest’ultima ha condannato la Svizzera per la mancata adozione di misure in materia climatica, riconoscendo la relazione tra difesa del clima e tutela dei diritti umani, in particolare di quelle categorie di persone più fragili ed esposte alle conseguenze dei cambiamenti climatici.
In particolare, viene contestato alla Svizzera il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione di gas climalteranti.

Lo stesso giorno, sempre la Cedu ha invece rigettato il ricorso di sei giovani portoghesi che avevano citato in giudizio, all’interno della causa “Duarte Agostinho”, il proprio ed altri 32 Paesi del mondo per le stesse ragioni.
Il rigetto, come spiega ai nostri microfoni Marica Di Pierri della campagna Giudizio Universale, va inteso per questioni procedurali. Nello specifico, «c’è il tema dell’extraterritorialità – osserva Di Pierri – dal momento che i giovani portoghesi hanno citato in giudizio anche altri Stati oltre al loro. Inoltre il ricorso è stato respinto perché i ricorrenti non hanno tentato in precedenza un procedimento nel loro Paese».

Quest’ultimo aspetto, in particolare, ha un risvolto molto positivo, perché suona come uno sprone della Cedu ai tribunali nazionali ad occuparsi di cause che riguardano la crisi climatica.
È grazie a questa pronuncia, quindi, che l’analoga causa italiana – denominata proprio Giudizio Universale e presentata da 203 attori, tra cui 24 associazioni e 179 individui – potrà andare in appello. Nel primo grado, infatti, la giudice del Tribunale civile di Roma aveva dichiarato l’inammissibilità perché i tribunali italiani non sarebbero in grado di decidere su questo tipo di domanda.

I movimenti ecologisti e le azioni legali sulla crisi climatica

Lo strumento legale per costringere la politica e gli Stati ad agire contro la crisi climatica è una strategia in forte crescita da parte dei movimenti ecologisti.
Un particolare impulso lo ha dato l’accordo di Parigi del 2015, sottoscritto da molti Stati, che quindi sono vincolati a rispettare gli impegni presi. «Nel 2017 le cause climatiche erano 800 – spiega Di Pierri – Nel 2020 sono quasi raddoppiate, arrivando a 1500 e ora siamo a più di 2000».
Oltre alle lotte nelle piazze, quindi, l’azione per indurre le istituzioni a mettere in campo politiche di contrasto alla crisi climatica assume anche la forma del contenzioso legale. «Uno strumento – osserva l’attivista – molto utile per fare pressione e anche dal punto di vista comunicativo».

Ad aprire le danze fu, nel 2019, la sentenza della Corte Suprema olandese che diede ragione alla fondazione ambientalista Urgenda, imponendo al proprio governo di ridurre le emissioni inquinanti del 25% rispetto ai livelli del 1990.
Molto nota è anche la causa “L’Affaire du siècle”, vinta da quattro ong ambientaliste in Francia. Il tribunale amministrativo di Parigi ha obbligato il Paese ad adottare tutte le misure necessarie per riparare, entro il 31 dicembre 2022, al superamento illegale dei budget di carbonio tra il 2015 e il 2018.
La Corte costituzionale tedesca, inoltre, in risposta ad un ricorso avanzato da diverse associazioni ambientaliste, fra cui i giovani dei Fridays for Future, ha stabilito che la formulazione della legge sul clima in Germania rimanda ai decenni successivi al 2030, in modo eccessivo e rischioso, il peso della riduzione delle emissioni di gas serra e viola per questo le libertà e i diritti fondamentali delle generazioni future.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MARICA DI PIERRI: