Da più di due settimane le strade delle Corsica sono attraversate da proteste di stampo autonomistico. Ad aver fatto esplodere la rabbia – in una regione da sempre caratterizzata da fortissime tendenze indipendentiste – è l’aggressione in carcere di Yvan Colonna, storico militante nazionalista condannato all’ergastolo per l’omicidio del prefetto Claude Erignac. Rinchiuso nella prigione di Arles, il 2 marzo Colonna è stato strangolato da un’altro detenuto, un uomo di origini camerunensi accusato di legami con lo jhiadismo, e versa tutt’ora in condizioni gravissime.

Nella campagna per le presidenziali francesi irrompe la rivolta in Corsica

I gruppi autonomisti ed indipendentisti corsi hanno accusato lo stato francese di essere responsabile dell’aggressione. In particolare, si rimprovera alle autorità carcerarie di essere intervenute solo dopo otto minuti nonostante entrambi i detenuti fossero sottoposti ad un regime di sorveglianza speciale. «Statu francesu assassinu» è lo slogan che ha segnato le proteste in tutta l’isola. Diverse decine di migliaia di persone sono scese in piazza – numeri importanti per la piccola popolazione corsa – e molte scuole sono state occupate, con il sostegno di buona parte delle istituzioni locali. Le proteste sono state in larga parte pacifiche, ma episodi di violenza si sono registrati a Porto Vecchio, Ajaccio e Bastia, dove i manifestanti hanno esploos colpi di fucile e lanciato molotov contro la prefettura.

In un’inedita apertura, il Ministro degli interni francese Gérald Darmanin si è detto possibilista sul raggiungimento dell’autonomia, cioè di una revisione costituzionale che sposti parte delle competenze statali sulle autorità regionali. Il modello potrebbe essere quello degli ex-territori coloniali, Polinesia e Nuova Caledonia, che hanno competenze quasi esclusive in campo economico, sociale, sanitario, ambientale. Un’ipotesi ancora tutta sulla carta, ma la cui sola discussione dalle più alte sfere dello stato è una notizia, in un paese storicamente centralista come la Francia.

Il governo locale è guidato da un’alleanza nazionalistica di centro. Il presidente Gilles Simeoni, un’ex indipendentista convertitosi all’autonomismo, ha commentato con cauto ottimismo le parole di Dermanin: «Non è ancora una vittoria». La paura è che le aperture di Parigi dipendano dal clima elettorale, con Macron in cerca di una riconferma all’Eliseo, e rimangano lettera morta alle chiusura delle urne. Le destre francese più radicali, quelle di Marine le Pen ed Eric Zemmour, sono fortemente contrarie a qualsiasi ipotesi di maggiore indipendenza dell’isola. Tendenzialmente favorevoli i verdi di Yannick Jadot e la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, mentre i partiti tradizionali – socialisti e repubblicani – mantengono una posizione intermedia. Anche dall’esito delle presidenziali del 10 aprile dipenderà il futuro della Corsica.

«Non abbiamo grande fiducia nelle parole di Macron» ci dice Gérard Dykstra, responsabile esteri di Core in Fronte, formazione indipendentista di estrema sinistra «aspettiamo che le promesse si trasformino in fatti».

«I nazionalisti sono maggioranza all’assemblea regionale» continua Dykstra «noi vogliamo discutere col governo dell’autonomia, raggiungere uno statuto come già esiste in Sardegna, alle Baleari, alle Azzorre. Sarebbe la prima tappa di un processo che ci porti ad un referendum in cui i corsi possano decidere liberamente se vogliono essere indipendenti del tutto o continuare con l’autonomia all’interno dello stato francese».

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Lorenzo Tecleme