Il ministro italiano della Transizione ecologica Roberto Cingolani ieri non è riuscito a trattenere il fastidio nei confronti di Greta Thunberg e del movimento Fridays for Future che, marciando per le strade di Glasgow dove si sta svolgendo Cop26, hanno ribadito l’espressione utilizzata dall’attivista svedese: «Bla, bla, bla» per definire il fiume di parole vuote dei Paesi della Terra sul cambiamento climatico. Visibilmente spazientito, Cingolani ha affermato: «Trovo quasi eversivo dire che le persone che stanno lavorando su queste cose non rappresentano nessuno. Rappresentano dei Paesi e sono stati eletti». Non di certo lui, che alle elezioni non si è presentato e che fa parte del governo Draghi, messo su con un blitz renziano.

I bla bla bla nella prima bozza di risoluzione di Cop26

Aldilà delle scaramucce tra un ministro permaloso e un movimento di ragazze e ragazzi che rivendicano di avere un futuro, Cop26 rischia davvero di essere un flop e lo certifica anche la prima bozza di risoluzione, quella che solitamente ha i contenuti più ambiziosi da emendare in seguito, a cui ha avuto accesso Greenpeace.
«Basti pensare che in questa bozza non si nominano i combustibili fossili – racconta ai nostri microfoni Luca Iacoboni, responsabile Campagna Clima di Greenpeace Italia – Non si nominano i principali responsabili dei cambiamenti climatici in termini di emissioni di gas serra».

Una questione emblematica, cui si aggiungono delusioni e mancanze su altri temi centrali, come gli allevamenti intensivi, l’agricoltura, la deforestazione.
«Praticamente si parla di cambiamenti climatici solo per parlarne, senza ipotizzare alcuna azione e questo sarebbe l’ennesimo atto di greenwashing che non ci possiamo più permettere», commenta Iacoboni.
Eppure, la prima bozza della risoluzione in questo tipo di vertici è la più ambiziosa, che viene stemperata via via dalle mediazioni tra i vari Paesi, dal momento che il documento deve essere approvato all’unanimità. «Avere una prima bozza così poco ambiziosa è un pessimo segnale, che raramente si era visto nelle precedenti 25 edizioni di Cop», osserva allarmato l’esponente di Greenpeace.

Al centro dell’assenza dei combustibili fossili c’è sicuramente la pressione delle lobby, che anche a Cop26 hanno mandato delegazioni. «Hanno un potere enorme – sottolinea l’ambientalista – e ci sono Stati che hanno un grandissimo interesse, come l’Arabia Saudita per gli idrocarburi o l’Australia per il carbone, e che stanno cercando di svuotare, ognuno per i propri interessi, il testo di risoluzione della conferenza sul clima».
Greenpeace, insieme agli altri ambientalisti e a tutto il movimento che sta protestando nelle strade di Glasgow e non solo, chiedono di smetterla di ascoltare gli interessi delle lobby e di ascoltare quelli delle persone.

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