Ha creato sconcerto l’uccisione di Luca Attanasio, ambasciatore italiano in Repubblica Democratica del Congo, del carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo a Kanyamahoro, nella regione del Nord Kivu. Le indagini stanno cercando di ricostruire quale è stata la dinamica dell’attentato e a chi è attribuibile la responsabilità e oggi arriveranno sul campo anche gli inquirenti italiani.
La notizia ha fatto clamore in Italia per il coinvolgimento di nostri connazionali, ma in realtà in Repubblica Democratica del Congo – o Congo Kinshasa come viene chiamato il Paese per distinguerlo dalla Repubblica del Congo con capitale Brazzaville – gli eccidi e i massacri avvengono tutte le settimane, l’ultimo in ordine di tempo venerdì scorso.

Congo Kinshasa, la situazione sociale e politica del Paese

A raccontare ai nostri microfoni il contesto in cui è maturato l’agguato che ha coinvolto l’ambasciatore italiano è Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista.
«La Repubblica Democratica del Congo è un Paese che oggi è la cartina di tornasole di quello che sta avvenendo nell’Africa subsahariana – osserva – Inferno e paradiso. Da una parte ci sono i ricchi, che dettano le regole del gioco nelle stanze dei bottoni e le masse sono impoverite».
Albanese parla di uno «scandalo geologico», dal momento che tutta la grande ricchezza del sottosuolo non rimane nel Paese.

«Nel Paese c’è il cobalto, c’è il coltan, c’è il rutilio, c’è petrolio, oro, diamanti e legname pregiatissimo – osserva il missionario – Se effettivamente questa ricchezza fosse messa a disposizione della popolazione locale, gli abitanti del Congo Kinshasa sarebbero sicuramente più ricchi di quelli del Canton Ticino».
Invece la corruzione e gli appetiti legati a potentati stranieri depredano e dilaniano il Paese, fomentando anche la violenza. A queste potenze occulte, infatti, sono riconducibili molti dei circa 160 gruppi armati presenti nel Nord Kivu, che complessivamente sono composti da 20mila miliziani.
«Il business prende il sopravvento sulla dignità umana – sottolinea il giornalista – Questi poteri guardano solo ed esclusivamente alla massimizzazione del profitto».

Come se tutto ciò non bastasse, il Paese si deve misurare anche con nuovi focolai di ebola, che sembrava definitivamente debellata e invece torna a manifestarsi, e con la pandemia da Covid-19, che mette a dura prova il sistema sanitario congolese che lascia molto a desiderare.
«È l’ennesima sciagura – commenta il comboniano – Soprattutto il Nord Kivu è una zona in cui sembra essersi abbattuta una sciagura dal punto di vista esistenziale senza precedenti. Potete solo immaginare che cosa significa vivere oggi da quelle parti».

Albanese se la prende anche con la stampa internazionale, che non è interessata a raccontare quanto accade nel Paese. «L’informazione è la prima forma di solidarietà – sottolinea – In Italia solitamente si parla dell’Africa in riferimento alla cronaca nera, è un eufemismo degli sbarchi sulle coste del Belpaese, ma rarissimamente la nostra stampa guarda quello che avviene nell’Africa subsahariana, cioè nei Paesi di provenienza. Invece dovremmo aiutare l’opinione pubblica a comprendere che vi sono situazioni di ingustizia e sfruttamento che non possono essere tollerate. La mobilità umana, che tanto preoccupa le cancellerie europee, è il sintomo più evidente di un malessere che riguarda molte periferie del mondo».

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