Mentre anche in Italia è partita la somministrazione della terza dose dei vaccini, per ora solo alle persone più fragili, c’è chi continua a mettere in guardia sulla strategia adottata dai Paesi ricchi, fatta di egoismi nazionali, accaparramenti di dosi a scapito dei Paesi poveri e mantenimento dei brevetti, che potrebbe rivelarsi controproducente ed allontanare il mondo dall’uscita della pandemia stessa.
Oltre all’appello (inascoltato) lanciato dall’Oms nell’agosto scorso, anche un’organizzazione come Medici Senza Frontiere prende posizione sul tema.

Terze dosi dei vaccini, la strategia sbagliata dei Paesi ricchi

Il problema della terza dose non è un problema in sè, ma in relazione all’andamento epidemiologico mondiale. In Africa meno dell’1% della popolazione ha avuto accesso al vaccino e situazioni simili si registrano nel Sudest asiatico e in America Latina. Il comportamento del virus, che non diverge da quello di altre patologie, fa sì che una libera replicazione in contesti dove la popolazione non è vaccinata favorisca l’insorgere di nuove varianti, con il serio rischio che ne spunti una contro cui gli attuali sieri in circolazione non garantiscono protezione.

Lo ha ribadito ai nostri microfoni Elda Baggio, vicepresidente di Medici Senza Frontiere Italia, che è in linea con la posizione espressa il mese scorso dall’Oms. «Noi potremmo dividere in due le ragioni per le quali dovremmo provvedere rapidamente a vaccinare i Paesi a risorse limitate – spiega Baggio – Da un lato c’è una ragione etica, la salute è un diritto universale, ma qualora questa non fosse sufficiente, c’è una ragione utilitaristica perché evitare la circolazione del virus riduce il numero di mutazioni».

Covax non funziona e i ricchi si accaparrano tutte le dosi

Anche in risposta alla campagna per sospendere i brevetti dei vaccini, l’Unione Europea aderì a Covax, un’operazione di acquisizione e fornitura di vaccini da destinare ai Paesi poveri messa in piedi da Gavi, l’allenza per i vaccini, insieme a Unicef e Oms.
Sia i meccanismi di funzionamento di Covax che un’analisi dei risultati sin qui prodotti dimostrano che l’operazione non sta funzionando e che l’unica strada dovrebbe essere quella della sospensione dei brevetti in modo da incrementare la produzione e ottenere vaccini “generici” a prezzi più accessibili.

In particolare, Covax funge da centro di raccolta di risorse economiche derivanti da donazioni, che poi servirebbero per acquistare vaccini da devolvere a Paesi poveri.
«I vaccini che dovrebbero essere comperati nel programma Covax – sottolinea la vicepresidente di Msf Italia – vanno acquistati a prezzi di mercato, cioè circa 2 euro per AstraZeneca, 15 euro per Moderna e 13,80 euro per Pfizer. Cifre piuttosto consistenti, quando invece il prezzo del generico sarebbe completamente diverso».

Ciò, oltretutto, si scontra con gli egoismi nazionali, che hanno portato Canada, Stati Uniti ed Unione Europea, tra gli altri, a prenotare miliardi di dosi, che vengono così sottratte a quei Paesi che non hanno ancora cominciato una vera e propria campagna vaccinale.
In particolare, l’Ue ha raggiunto accordi per 4,5 miliardi di dosi per una popolazione di 450 milioni di persone (pari a dieci dosi per abitante), mentre il Covax ha distribuito solamente 250 milioni di vaccini rispetto all’obiettivo iniziale di due miliardi di dosi destinate ai Paesi a basso e medio reddito. E nonostante l’Ue abbia recentemente aumentato il suo impegno a condividere 250 milioni di dosi, a pochi mesi dalla fine dell’anno oltre il 90% di queste dosi non sono ancora state donate.

La questione dei brevetti è ancora centrale

«Nella primavera scorsa l’Italia si vide tagliare le dosi in arrivo che erano state previste – ricorda Baggio – perché ci erano state “soffiate” da Israele che le pagò, si dice, il doppio».
La leva economica, dunque, è uno dei modi con cui si manifesta l’egoismo nazionale che rischia di rappresentare un boomerang, ma non è l’unico.
Gli stessi Paesi ricchi, in particolare l’Ue, sono i responsabili della mancata sospensione dei brevetti sui vaccini, nonostante questi ultimi siano stati sviluppati grazie ad ingenti risorse pubbliche.

È stata proprio l’Ue, dopo l’inaspettata apertura del presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden, a far fallire in sede di negoziazione degli accordi Trips presso il Wto la sospensione dei brevetti.
In questo modo si è posto un freno anche al possibile aumento della capacità produttiva delle case farmaceutiche, poiché la licenza a produrre i vaccini anti-Covid resta ancorata alle decisioni delle società che detengono il brevetto.
Il profitto derivante dal mercato, dunque, resta il faro delle politiche sanitarie globali al posto del diritto universale alla salute e all’accesso ai farmaci.

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