Nonostante il referendum e la sentenza della Corte Costituzionale, sono solo 9,6 milioni di euro quelli restituiti agli utenti a fronte dei circa 40 milioni di remunerazione indebitamente incassati nel 2011 dai gestori del servizio idrico, secondo i comitati.

Nel 2011 il referendum sull’acqua pubblica era passato a schiacciante maggioranza. Il messaggio degli italiani era chiaro: l’acqua è un bene comune e non una merce, dunque, non se ne può trarre profitto.

Nei mesi scorsi, inoltre, una sentenza della Corte Costituzionale aveva ribadito come l’acqua non potesse essere fatta oggetto di privatizzazione.

Il 30 dicembre, Atersir doveva approvare per delibera la restituzione agli utenti della remunerazione del capitale a seguito del referendum del 2011. “In realtà -dice Andrea Caselli, portavoce regionale dei Comitati Acqua Bene Comune– la decisione finale favorisce soltanto le aziende che gestiscono il servizio come Hera e Iren. A fronte di una restituzione, solo per il secondo semestre del 2011, che doveva portare alla restituzione di 40 milioni di euro agli utenti in tutta la regione, ne sono restituiti solo 9, facendo uno sconto impressionante ai gestori.”

Una seconda delibera, “ancora più grave, per certi aspetti”, prevede ” l’approvazione del metodo tariffario transitorio, nel quale viene praticamente confermata la remunerazione del capitale, quindi un sistema che porterà ad un aumento delle tariffe per il 2012/2013, quindi il ribaltamento completo dell’esito del referendum.” Un metodo, come conferma Caselli, della cui legittimità decidera il Tar della Lombardia.

Si tratta di un ribaltamento del voto degli italiani, si rimane nella logica del profitto. Il profitto per i gestori diventa garantito e santificato.” conclude Caselli.