Ha la voce che tradisce commozione e felicità Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni e avvocato difensore di Marco Cappato, che ieri ha incassato una bella vittoria grazie alla sentenza della Corte Costituzionale sul caso di Dj Fabo. I giudici costituzionali hanno infatti affermato che non è punibile chi agevola l’eutanasia assistita in caso di malattia irreversibile, che produce atroci sofferenze e con la chiara volontà del malato di porre fine alla sua vita.

Ai nostri microfoni Gallo sottolinea il coraggio dei suoi compagni di viaggio, da Marco Cappato a Fabiano Antoniani, ma anche chi ha aperto la strada in precedenza, come Piergiorgio Welby. “Grazie a loro oggi l’Italia è un Paese più libero”, commenta il segretario della Luca Coscioni.

La Corte Costituzionale, per l’ennesima volta, ha invitato anche il Parlamento ad intervenire con una legge sul fine vita. Un tema che politicamente è sempre risultato spinoso e che diverse maggioranze hanno ignorato per evitare di attirarsi le ire della Chiesa cattolica.
“Oggi i giudici hanno detto che la politica non potrà più fare quello che ha fatto fino a questo momento, cioè girarsi dall’altra parte”, insiste Gallo.

Ma come dovrebbe essere una buona legge sul fine vita?
Prima del processo a Cappato per l’aiuto offerto a Dj Fabo, l’associazione e altre realtà avevano lanciato la campagna “Eutanasia Legale“, che nel 2013 aveva elaborato anche una proposta di legge di iniziativa popolare in materia.
“Dopo l’anticipo di sentenza che abbiamo conosciuto ieri sera – osserva Gallo – sappiamo che il reato di aiuto al suicidio rimane nel nostro Paese, ma non è punibile nel momento in cui c’è l’aiuto a chi sia determinato a togliersi la vita in uno stato di malattia irreversibile con gravi sofferenze e con la presenza di trattamenti eutasici”.

“In attesa di vedere le motivazioni complete della Corte Costituzionale – continua il segretario dell’associazione Coscioni – c’è un bel perimetro definito, c’è un ancoraggio con la legge 219 per quello che deve essere la verifica medica in questi casi. La legge che dovrà emanare la politica non potrà discostarsi dalla sentenza della Corte”.
Quello che la stessa associazione Coscioni sottolinea è che non ci troviamo davanti al diritto al suicidio o alla morte, ma alla “libertà di scegliere una modalità diversa di congedarsi dalla vita in uno stato di sofferenza estrema”.
Detta in modo ancora più esplicito: “Nel nostro Paese oggi possiamo fare il testamento biologico, rifiutare i trattamenti sanitari, fare ricorso alle cure palliative o alla sedazione profonda – spiega Gallo – ma non si può chiedere l’assunzione di un farmaco letale. In questo caso la persona lo potrà fare e avrà l’ultima parola”.

La sentenza, però, ha già provocato reazioni e c’è già chi, nel mondo cattolico della sanità, evoca l’obiezione di coscienza.
“In Italia vige un principio – conclude Gallo – Il medico, con il consenso del paziente, opera le opportune scelte in materia terapeutica. Qui al medico è chiesto solo di rispettare la volontà del paziente”.

ASCOLTA L’INTERVISTA A FILOMENA GALLO: