Ieri il primo ministro Abdalla Hamdok sudanese è stato arrestato in un colpo di stato ad opera delle forze militari del Paese. I militari hanno arrestato anche la maggior parte dei membri del governo e un gran numero di capi politici appartenenti alla coalizione delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc). La popolazione è scesa nelle piazze per manifestare contro il golpe e i militari hanno aperto il fuoco sui civili, uccidendo sette persone e ferendone 140, secondo i dati diffusi dal Ministero della salute sudanese.

I militari prendono il controllo del Sudan: morti e feriti

«I militari hanno instaurato un stato d’emergenza e hanno detto che tutto ciò è in favore del popolo, per proteggerlo da una situazione di deriva che oggettivamente noi da qui non abbiamo visto – spiega la giornalista Michela Trevisan che per Nigrizia sta seguendo passo passo al vicenda – Già nella mattinata di ieri la gente è scesa in strada per protestare contro il golpe delle forze armate. Come risposta l’esercito, insieme a una milizia paramilitare, hanno sparato proiettili sui manifestanti facendo morti e feriti».

Il Paese era un esperimento di democratizzazione nel mondo arabo, questo perché da due anni, dopo che il vecchio regime era stato destituito, militari e civili hanno condiviso il governo con il fine di arrivare poi a libere elezioni nel 2023.

«I militari si sono sentiti messi alle strette dagli accordi con i civili di condivisione del potere e hanno pensato di prendere in mano il governo in questo modo», racconta la giornalista Trevisan. Un colpo di stato, quindi, piuttosto prevedibile vista l’escalation di tensione nel Paese.

Il leader militare che ha annunciato la dissoluzione del governo di transizione è il generale Abdel Fattah al Burhan, capo del fronte delle forze armate che aveva stretto gli accordi con i civili. Al Burhan, ex capo dell’esercito, ha preso il potere dopo la caduta del vecchio dittatore Al Bashir nell’aprile del 2019, quando gli furono attribuite funzioni equivalenti a quelle del capo dello stato.
Ora i militari sono i soli al comando dopo avere sgominato le forze civili.

L’accesso a Internet è stato bloccato e c’è paura anche tra i missionari che sono in Sudan: «Chi ora è lì teme ritorsioni – spiega Don Romeo della parrocchia di Piovene Rocchette, il paese di origine del vescovo in Sudan Christian Carlassarre che qualche mese fa era stato gambizzato in un agguato – Alcuni missionari che sono nella capitale sono barricati dentro una scuola, hanno paura a uscire perché c’è il rischio di beccarsi una pallottola».

Medea Calzana

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