Dal 1° luglio chiuderà il Blq checkpoint di Plus aps, attualmente aperto a Bologna in via San Carlo 42. Aperto ogni martedì e giovedì dalle 18 alle 21, il checkpoint lavora da otto anni per diagnosticare e fare prevenzione su Hiv, epatite C e sifilide. Non è l’unico centro in Europa: «A Barcellona, per fare un esempio, sono aperti dal lunedì al venerdì e fanno i turni per lavorare dodici ore al giorno – racconta il presidente di Plus aps Sandro Mattioli – Noi, invece, dal 2015 siamo ancora nella fase di startup. Che, francamente, è una cosa che non sta in piedi».

I problemi con l’Ausl che hanno portato alla decisione di chiudere il checkpoint

La decisione di chiudere è stata annunciata ieri dall’associazione, in seguito ai ripetuti problemi avuti dal centro con l’Ausl di Bologna: «L’Azienda sanitaria è completamente scomparsa da anni. Quattro anni fa ci è stato imposto un rinnovo di convenzione, in maniera unilaterale, passando da una modalità quadriennale ad una da rinnovare annualmente», racconta ancora Mattioli, specificando come l’ultimo rinnovo sia peraltro arrivato con un ritardo di sei mesi. «Attualmente, poi, non abbiamo de facto un medico di riferimento, e dobbiamo comprarci da soli i test per la sifilide» – spesa che, specifica Plus, sarebbe a carico dell’Ausl: nel 2021, infatti, l’associazione ha scoperto che i test per la sifilide che aveva in dotazione non erano sufficientemente attendibili. Questo ha portato a una sospensione dell’acquisto di quei test da parte dell’Ausl, ma non all’acquisto di nuovi test affidabili.

«Siamo stati spostati da un dipartimento di azienda sanitaria all’altro senza dare alcuna comunicazione, e io l’ho scoperto poche settimane fa», aggiunge poi Mattioli. «Adesso siamo sotto Salute mentale, non si capisce bene perché. È un modus operandi che dimostra un sostanziale disinteresse per lo sviluppo del progetto: noi dal 1° luglio chiudiamo, perché così non si va avanti».

Naturalmente, specifica il presidente di Plus aps, l’associazione è aperta a qualsiasi soluzione possa venire da parte del Comune e della Regione: soluzione che potrebbe arrivare, data la recente decisione del sindaco Lepore di firmare il protocollo di partnership globale contro l’Hiv, Fast Track City. «Se si verificheranno le condizioni per aprire il prima possibile, o per non chiudere, noi siamo disponibili a trovare un accordo. Ma non ci accontenteremo di impegni di carattere generale, e puntiamo a un accordo che preveda un’assistenza che fornisca gli strumenti giusti per crescere e praticare».

L’assenza di un partner istituzionale importante, conclude Mattioli, impedisce al centro di concentrarsi sullo sviluppo del progetto Blq e, soprattutto, di investire tempo e denaro nella progressione della lotta contro l’Hiv: «La fase di startup è finita. O c’è davvero un interesse fattivo, che non si esaurisce nel darci infermieri tre ore al giorno due volte a settimana – cosa che dovrebbe essere la base – oppure non ha senso alcuno che continuiamo a fare una battaglia contro le istituzioni invece che contro l’Hiv».

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Chiara Scipiotti