Cipollino

Chi ha disperso la memoria del Pioniere: forse una mano oscura  o un fatal destino, o magari è stato il segno dei tempi che passano a cancellare il disegno di quei fumetti?

Certamente, se cerchiamo il killer di Cipollno e di tutti gli altri eroi del Pioniere,  ci fu un fuoco nemico, intensissimo e ripetuto:come quello della chiesa quarantottesca che aborriva chi si intrometteva nei suoi oratori per educare i ragazzi, specialmente se questi insegnamenti erano di stampo socialista. Altrettanto sicuro fu il fuoco amico, quello di potenti dirigenti del PCI avversi alla forma fumetto in ogni sua definizione. Furono entrambi attacchi pesanti , ma Chiodino e i suoi amici di ventura, seppur feriti, sopravvissero. Poi arrivò il vento del ’68 portando una nuova generazione che chiedeva cose del tutto nuove affrancate dalle antiche sicurezze. Nascono così nuovi eroi alla Corto Maltese o addirittura  anti eroi alla Diabolik. Cipollino è messo in fuori gioco e il Pioniere, alla pari di altre gloriose testate quali il Vittorioso di Jacovitti, finisce in cantina. Questo implacabile avanzare dei tempi viene ben fotografato dallo storico Juri Meda.

In Francia anche il blasonato giornalino del PCF, Vaillant, soffre l’evolversi della gioventù transalpina. Reagisce con il babatrucco dell’inserimento di un piccolo gadget di plastica nei fogli venduti in edicola. L’escamotage riesce e l’ex Vaillant, oggi ribattezzato Pif Gadget, non solo sopravvive, ma anche si fa sempre più popolare e venduto.

L’attenzione dei piccoli lettori si sposta dalle storie del cane Pif e dei suoi compagni ai piccoli cadeaux. Su questa metamorfosi, tra malinconie e rimpianti, ascoltiamo il regista Jean Luc Muller.

Nell’austera Germania dell’Est, sempre diffidente davanti alle americanissime strips, pubblicazioni a fumetti con intenti pedagogici ed educativi convivevano con altre ben più votate all’evasione pura e semplice.

E nella competizione erano i racconti politicamente corretti a rincorrere  quelli della vituperata evasione sociale… 

A racontarci di questa singolar tenzone il ricercatore dell’ex DDR Weishan.

Può apparire strano, ma ancora oggi sopravvive un pregiudizio che contrappone la cultura “alta” a quella di serie B, nonostante questa idea risulti, oltre che sbagliata, clamorosamente anacronistica. Basti  guardare cosa succede nel mondo dell’arte contemporanea, a partire da quegli anni ’60 dove grandi pittori come Roy Liechtenstein scelsero il segno dei fumetti come evidente ispirazione, come sottolineano ai microfoni della radio i critici d’arte Stefano Roffi e Walter Guadagnini.

Anche, più recentemente Keith Haring o Basquiat hanno trovato in quell’universo per ragazzi materia per le loro tele. Per non dire infine della street art con i suoi conclamati campioni, come il geniale Banski. 

Ma attenzione a pretendere ad ogni costo  dignità e riconoscimenti per il fumetto, allineandolo tra squilli di trombe alla cultura “alta”, magari integrandolo nelle Belle Arti od all’interno dei Musei: con questo ,desiderio di “onorabilità” rischiamo di perdere del fumetto la sua caratteristica più importante: l’innocenza selvaggia espressa dalle sue strips,  quella comunicazione secca ed immediata che ha rappresentato una grande forza di cambiamento per il mondo giovanile popolare!

 

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