Siamo al secondo appuntamento della settimana dedicata ai cent’anni di Italo Calvino. Per l’occasione abbiamo intervistato Marco Belpoliti, professore e critico letterario; in occasione del centenario, Belpoliti ha appena curato per Mondadori Guardare. Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni, un’antologia di scritti di Calvino sullo sguardo.

L’intervista a Marco Belpoliti per i cent’anni di Italo Calvino

Noto per essere uno scrittore “disimpegnato”, Calvino era in realtà un attento osservatore del mondo e della società umana; appassionato di antropologia e di scienza oltre che di materia letteraria, il suo sguardo acuto e sempre vigile su ciò che accadeva nel mondo era funzionale alla sua lotta contro la genericità della parola, e alla sua ricerca di un criterio ordinatore della realtà.

Proprio per questo equivoco sul disimpegno calviniano, secondo Marco Belpoliti tra gli aspetti meno conosciuti di Calvino c’è l’«autobiografia senza io» che l’autore ha iniziato a scrivere già dagli anni Sessanta, accumulando testi che avrebbero poi dovuto essere raccolti in un’antologia chiamata Passaggi obbligati, ma che non è mai stata portata a conclusione: «Penso a La strada di San Giovanni, ma anche ai testi dedicati all’uso dei cappelli fatto da Mussolini nel corso del ventennio fascista: il passaggio dalla tuba di primo ministro all’elmetto della Seconda guerra mondiale». Sono testi usciti postumi, specifica Belpoliti, in cui Calvino ripercorreva la sua carriera umana, politica e letteraria. In generale, aggiunge il professore, molti dei testi usciti postumi mostrano come l’attività letteraria di Calvino fosse «intrecciata attentamente con un’attività politica, attraverso una lettura continua della società italiana».

In effetti, già nel 1996 Belpoliti era dell’opinione che Calvino sia “il nome che ha in Italia una forma di cultura fondata sull’interdisciplina”, una cultura che “non rinuncia al suo rapporto con la politica, ma trae alimento dal suo continuo confronto con la realtà e cerca, per quanto possibile, d’immaginare soluzioni a problemi che vadano al di là del presente”. Ma Calvino, a cent’anni dalla nascita e a quasi quaranta dalla morte, può ancora rappresentare questo modo di intendere la cultura? «Io penso di sì», riflette Belpoliti. «C’è una generazione di scrittori della mia età e più giovani che hanno avuto come maestri diretti e indiretti autori come Sciascia, Pasolini, Calvino, e non solo: tutti autori che hanno vissuto il dopoguerra e si sono occupati della realtà scrivendo sui giornali».

La vocazione a occuparsi del presente trasmessa da questi autori, secondo lo studioso, è trasmigrata prevalentemente nei siti culturali, coltivando un’attenzione per temi come democrazia, antifascismo, cambiamento climatico, giustizia sociale ed economica. «Certo è che allora c’era un feedback con i lettori, che passava attraverso radio, televisione e giornali – riflette Belpoliti – Oggi, la nostra società è diventata pulviscolare: si è creata una serie di nicchie tra loro confinanti, ma spesso diverse e senza più un collante unico. Questa parcellizzazione della società riduce la possibilità di intervenire in modo complessivo, attraverso una visione unitaria del mondo che non c’è più».
Da questo punto di vista, Calvino è ancora incredibilmente attuale, anche (e forse soprattutto) nella sua frustrazione di fronte a un mondo fattosi troppo complesso per essere descritto accuratamente, già “liquido” alla fine degli anni Settanta e già allora troppo veloce per lasciare spazio a una riflessione ragionata.

La spaesamento calviniano si rivela così più che mai attuale: «Ormai tutto viene sacrificato sull’altare dell’attualità, e una delle cose che ci tortura è il fatto che niente dura per sempre – pondera Belpoliti – La velocità introdotta dalla rivoluzione informatica fa sì che la tendenza delle persone sia ambivalente: da un lato c’è il desiderio di durare per sempre, anche i politici ce l’hanno. Dall’altro, c’è il fatto che siamo in un sistema sociale, politico, economico, comunicativo che va velocissimo. Io credo che Calvino, se fosse ancora qui con noi, ripenserebbe un po’ tutte queste cose».

ASCOLTA L’INTERVISTA A MARCO BELPOLITI:

Chiara Scipiotti