Martedì scorso da Bruxelles è arrivata una notizia che riapre la questione mai risolta della Catalogna. Il Parlamento europeo ha revocato l’immunità ai tre eurodeputati catalani: l’ex presidente Carles Puigdemont, Clara Ponsati e Toni Comin. Per Puigdemont i sì sono stati 400, 248 i no e 45 gli astenuti. Nei confronti di Ponsati 404 sì, 247 no e 42 astenuti ed infine per Comin 404 sì, 247 no, e 42 astenuti.
«Il Parlamento europeo ha votato l’autorizzazione a procedere, ma con un numero di voti contrari molto elevato, il 43%, che è abbastanza insolito», osserva ai nostri microfoni Luca Tancredi Barone, corrispondente del Manifesto da Barcellona.

Catalogna, l’irrisolta questione degli indipendentisti

La vicenda ebbe inizio nell’autunno del 2017, quando il governo autonomo della Catalogna chiamò i cittadini ad esprimersi su un referendum per l’indipendenza della regione. La Spagna considerò il gesto uno strappo e, oltre a non riconoscere il referendum né l’esito del voto, mandò le forze dell’ordine a picchiare i cittadini che si recavano alle urne.
La tensione fra Madrid e Barcellona schizzò alle stelle e, dopo un braccio di ferro durato quelche settimana, sui leader “disobbedienti” della Catalogna si riversò l’azione giudiziaria con l’accusa di “sedizione”, un reato assente in altri ordinamenti giuridici europei.

Quattro dei leader catalani, lo stesso presidente Puigdemont, insieme a Ponsati, Comin e Oriol Junkeras, furono anche candidati alle elezioni europee del maggio 2019 e vennero eletti. L’ultimo, però, non divenne mai parlamentare perché, avendo deciso di non abbandonare la Spagna, fu processato, condannato e ora è in carcere. Puigdemont, Ponsati e Comin, invece, abbandonarono il Paese prima di essere arrestati e a nulla sono valsi gli ordini di cattura europei spiccati dalla magistratura spagnola, perché altri Stati membri dell’Unione europea, come il Belgio e la Germania, rifiutarono l’estradizione.

Lo stesso insediamento nel Parlamento europeo fu oggetto di una battaglia burocratica, ricorda il giornalista, dal momento che Puigdemont e soci non si recarono di persona a Madrid a ritirare l’atto che li consacrava come eurodeputati, come prevedono i regolamenti spagnoli. Il contenzioso fu risolto nel dicembre del 2019 dal presidente dell’Europarlamento, David Sassoli che, sulla base di pareri giuridici dello staff europeo, decretò la nomina dei tre come deputati.

I gruppi europei spaccati e i dubbi di persecuzione

Il voto di martedì scorso con cui il Parlamento europeo ha revocato l’immunità a Puigdemont e ai suoi ministri, però, rappresenta un’anomalia nella storia delle autorizzazioni a procedere di Bruxelles. Non solo per l’alto numero di contrari che si è registrato in aula, ma anche perché, sottolinea Barone «all’interno dei gruppi che hanno votato a favore c’è stato un alto numero di contrari». Per quanto riguarda gli eurodeputati spagnoli, il gruppo socialista ha votato a favore della revoca, mentre Podemos ha votato contro.

«Chi ha votato contro – continua il giornalista – lo ha fatto perché c’è il sospetto del fumus persecutionis, cioè l’idea che in realtà siano perseguitati per delle idee politiche più che per dei delitti veri e propri». In questo senso particolarmente significative sono state le dichiarazioni dell’eurodeputato socialista ed ex-magistrato italiano Franco Roberti, che ha affermato che, nei confronti di Puidgemont e dei suoi ministri, si manifesta una sorta di annientamento politico per via giudiziaria.

Formalmente la revoca dell’immunità apre la strada ad un nuovo esame da parte della giustizia belga delle richieste di estradizione emesse dalla Spagna contro Puigdemont e Comin che vivono in Belgio. Ponsati invece vive in Scozia, paese che ha sospeso tale esame, in attesa della decisione degli eurodeputati.
In ogni caso l’esito non è così scontato, perché i tre hanno già fatto ricorso al Tribunale di Giustizia europeo del Lussemburgo. Un ricorso allo stesso tribunale, ma di senso opposto, è stato avanzato anche dalla magistratura spagnola, che vuole evitare che succeda quello che è già successo: che la magistratura belga dica di no all’estradizione perché il reato di sedizione non esiste ed è obsoleto.

«Nella richiesta spagnola c’è una serie di problemi giuridici – spiega Barone – La magistratura spagnola non ha fatto un buon lavoro dal punto di vista giuridico, per cui le magistrature di altri Paesi che hanno esaminato questa richiesta hanno avuto gioco abbastanza facile nel respingerla».
In sostanza, oltre ad attendere il responso del Tribunale del Lussemburgo, i giudici belgi potrebbero confermare il rifiuto all’estradizione, dal momento che si sono già espressi in materia.

ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA TANCREDI BARONE: