Chissà se Charlie Brooker, produttore della serie distopica “Black Mirror”, sta provando più invidia o traendo ispirazione da quello che sta succedendo in Europa attorno al vaccino AstraZeneca. La realtà, infatti, sembra superare la sceneggiatura della serie televisiva.
Ad un anno dallo scoppio della pandemia possiamo dire con certezza che le istituzioni, politiche o scientifiche che siano, non hanno ancora capito quanto importante sia una comunicazione chiara, univoca e trasparente. E quanto, al contrario, messaggi ambigui, titubanti o tardivi facciano malissimo.

AstraZeneca, la creazione di un caso

Tutto ha avuto inizio quando alcuni quotidiani hanno cominciato a pubblicare notizie sulla morte di persone che, in un lasso più o meno breve di tempo, erano state sottoposte alla vaccinazione con il siero AstraZeneca.
Leggendo quegli articoli, che riportavano le dichiarazioni delle procure che stavano indagando sui casi, appariva chiaro come gli stessi inquirenti stessero escludendo correlazioni tra i decessi e i vaccini, ma i titoli di quei pezzi, a cui si ferma la maggior parte delle persone, erano volutamente ambigui e congeniati per scatenare il “clickbait”, cioè per massimizzare il traffico internet stimolando la curiosità (o in questo caso la preoccupazione) dei lettori.

Siamo chiari: la stampa fa bene ad occuparsi del tema e anche a porre dubbi, se è necessario. Quello che non dovrebbe fare è abdicare dal giornalismo in favore del marketing, semplificando troppo, facendo sensazionalismo, ma soprattutto pubblicando informazioni non verificate o insinuando sospetti senza avere elementi analitici che li possano suffragare.
Un accostamento azzardato di circostanze diverse, infatti, è tipico delle fake news contro cui il giornalismo si propone di fare da argine. Il punto è che, a differenza dei siti complottisti, le testate giornalistiche mainstream hanno ancora una copertura e una visibilità molto ampie.

Di fronte al sospetto che ci possa anche solo lontanamente essere una correlazione tra i vaccini e i decessi, le autorità bloccano in via cautelativa il lotto di AstraZeneca che era stato somministrato ad alcune delle persone che sono decedute. Ma ben presto spuntano altri casi che non rientrano nel lotto di vaccini sospeso.
Questo potrebbe voler dire due cose: che non è il vaccino ad essere fallato e le cause dei decessi vanno cercate altrove o che il vaccino AstraZeneca in sè può provocare la morte.
A questo punto basterebbe mettere mano alla statistica e vedere cos’è successo fino a questo punto, quante persone sono state vaccinate e con che risultati, e chiudere la faccenda.

Invece avviene una cosa incredibile: le agenzie del farmaco di Germania, Italia e Francia sospendono in via precauzionale la somministrazione del vaccino AstraZeneca.
Oltre al dramma di rappresentare l’ennesimo ostacolo ad una campagna vaccinale lentissima e incerta, la decisione è devastante per il messaggio che fa passare, destinato a rinfocolare complottismi, teorie antiscientifiche e pensiero magico.
Non può essere infatti una ragione emotiva a guidare le scelte di istituzioni scientifiche. Non può essere una preoccupazione non suffragata da fatti a spingere ad adottare provvedimenti del genere.

Nello specifico, in Europa si sono verificati 30 casi di trombosi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca, ma le inoculazioni totali superano i 5 milioni. In particolare, alcuni casi di trombosi si sono verificati 10-12 giorni dopo l’inoculazione del vaccino, quindi è praticamente impossibile attribuirgli la responsabilità.
Inoltre, dagli studi emerge che nella popolazione non vaccinata si è verificato un numero superiore di casi di trombosi. Ancor più nel dettaglio, l’incidenza del tromboembolismo venoso in tutte le sue forme in Europa è di 131 casi per centomila abitanti all’anno.

Il messaggio ambiguo e lo zampino politico

La decisione clamorosa di sospendere le somministrazioni di vaccino AstraZeneca in attesa di un nuovo responso dell’Ema (l’Agenzia europea del farmaco), che dovrebbe arrivare giovedì, ha dell’inquietante.
In tutti i resoconti, tutti gli esponenti istituzionali interpellati esplicitano che la decisione non ha motivazioni scientifiche, ma risponde al rapporto con l’opinione pubblica e al problema che si stava verificando, cioè un significativo numero di disdette di persone in lista per essere vaccinate.
Particolarmente clamorosa, da questo punto di vista, è la condotta di Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) che nell’arco di 24 ore è passata dall’affermarsi che il vaccino non aveva alcun problema ad annunciarne la sospensione precauzionale.
Evidentemente devono essere subentrate pressioni politiche, che pongono dubbi sull’effettiva indipendenza dell’ente.

Tuttavia, per rassicurare l’opinione pubblica siamo sicuri che assecondare le preoccupazioni irrazionali o indotte da irresponsabili sia il giusto messaggio da lanciare?
Lo stop, ancorché precauzionale e in vista di un nuovo via libera, produrrà davvero il messaggio “ci stiamo premurando di farvi avere ancora più certezze e sicurezze” o, al contrario, alimenterà il sospetto che, in fondo, sussista qualche problema che non ci dicono?
Ancora una volta siamo in presenza di messaggi confusi e ambigui, che danno un’inquietante sensazione di improvvisazione e che rischiano di allungare ulteriormente l’uscita dalla pandemia.