Cos’hanno in Comune la forzista Anna Maria Bernini, ministra dell’Università e della Ricerca, e i movimenti sociali che spesso sono protagonisti di occupazioni? In teoria nulla, ma da ieri invece c’è un punto di convergenza. La ministra, infatti, ha proposto di utilizzare spazi pubblici vuoti, come le ex caserme o altri immobili di proprietà del demanio o di altri enti, come spazi per rispondere all’emergenza abitativa del caro affitti, che in molte città d’Italia ha scatenato la protesta delle tende allestite da studentesse e studenti davanti o dentro le università.

Immobili vuoti di proprietà pubblica agli studenti: Bernini e l’idea dei movimenti

La proposta di Bernini in realtà è una richiesta che da molti anni i movimenti sociali, siano essi collettivi studenteschi o sindacati degli inquilini, avanzano alle pubbliche amministrazioni. A Bologna, in particolare, un utilizzo sociale degli immobili pubblici vuoti è un’istanza che nei decenni ha assunto varie forme e che si propone di rispondere a diverse esigenze, dal problema abitativo di famiglie e studenti agli spazi di socialità fuori dalle logiche del consumo. Ma tutte le richieste in tal senso sono state castrate dall’amministrazione, che sulle ex caserme, ad esempio, aveva sempre altri progetti (anche se nessuno ha visto la luce).

L’ultima istanza in ordine di tempo che proponeva un utilizzo pubblico per finalità sociali (quindi anche a scopo abitativo) degli spazi pubblici abbandonati è la proposta di delibera di iniziativa popolare di D(i)ritti alla Città, depositata a Palazzo D’Accursio quasi un anno fa. Lo strumento partecipativo previsto dallo stesso regolamento comunale non ha superato il vaglio della segreteria con motivazioni che i proponenti ritengono pretestuose e politiche.
«Noi abbiamo avanzato le nostre controdeduzioni – ricorda ai nostri microfoni Mauro Boarelli di D(i)ritti alla Città, ma il Comune non ci ha più risposto».

Ex caserme: il rischio è la privatizzazione, anche allo scopo di realizzare studentati

Buona parte delle battaglie dei movimenti dal basso bolognesi negli ultimi dieci anni si è concentrata attorno al destino delle ex caserme, grandi aree urbane abbandonate per le quali si chiedeva un utilizzo sociale. Le occupazioni sorte al loro interno sono state sistematicamente sgomberate e l’Amministrazione comunale ha siglato accordi per la trasformazione di quegli spazi. È il caso delle ex caserme Stamoto e Perotti, al centro di un’intesa col Ministero della Difesa mantenuta però segreta.
«In questi giorni l’assessore comunale all’Urbanistica Raffaele Laudani ha rivelato, pur mantenendo la riservatezza dell’accordo, che alla Stamoto ci sarà un consistente insediamento di edilizia privata e, in entrambi i casi, ha menzionato la necessità di intervenire massicciamente sul tema degli studentati», riferisce Boarelli.

Laudani, però, non ha specificato se gli studentati saranno pubblici. In città, negli ultimi anni, sono sorti diversi studentati privati, spesso realizzati da multinazionali, i cui prezzi risultano inaccessibili per una fetta maggioritaria di studentesse e studenti. Il punto, quindi, non è la realizzazione di nuovi alloggi in città, ma la necessità di calmierare i prezzi di quelli esistenti.
«Si sta affacciando una grandissima operazione di privatizzazione di questi spazi», mette in guardia l’esponente di D(i)ritti alla Città. Il rischio, quindi, è che cavalcando il disagio manifestato dagli studenti per il caro affitti, sia a livello comunale che nazionale si sdoganino progetti che prevedano la realizzazione di studentati privati con soldi pubblici e con prezzi che restano inaccessibili.

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A cogliere le parole di Bernini, oggi, sono anche gli attivisti di LUnA e Adl Cobas che hanno recentemente dato vita ad H.O.Me, un’occupazione in via Borgolocchi attigua agli spazi occupati da Làbas anni fa nell’ex caserma Masini. Prima di trovare una nuova sede in vicolo Bolognetti, il centro sociale aveva riaperto l’ex caserma vuota da tempo e aveva dato vita anche al dormitorio “Accoglienza Degna” dove trovavano casa migranti esclusi dal sistema di accoglienza. Làbas però fu sgomberato e sull’ex caserma Masini pendeva un progetto di urbanizzazione che prevedeva destinazioni ricettive e commerciali.
«L’ex caserma Masini è stata sgomberata nel 2017 perché c’erano fantomatici investitori e progetti di riqualificazione che poi si sono rivelati nulli», ricorda Luca di LUnA ai nostri microfoni.

Oggi H.O.Me commenta la proposta di Bernini ricordando che è quello che attiviste e attivisti stanno facendo: stanno utilizzando spazi pubblici abbandonati per dare una risposta all’emergenza abitativa. Le richieste degli occupanti sono due: da un lato che le ex caserme tornino alla città, ma senza che finiscano in mano a privati e speculatori, dall’altro un riconoscimento dell’utilizzo temporaneo delle ex caserme per rispondere ora all’emergenza abitativa.
«Anche il Piano dell’Abitare dell’Amministrazione comunale, che riteniamo positivo – osserva Luca – secondo le nostre valutazioni vedrà la luce a fine mandato, fra tre o quattro anni. Quelle che servono sono soluzioni abitative immediate».

ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA:

Il riutilizzo di spazi pubblici vuoti, anche attraverso percorsi di autorecupero, è alla base di “Radical Housing“, il progetto di Plat che ha trovato una prima manifestazione nel condominio occupato in via Raimondi. Sullo stabile, ha fatto sapere l’Amministrazione comunale, pende un progetto di recupero finanziato coi fondi del Pnrr per realizzare alloggi temporanei. Anche gli occupanti rivendicano un utilizzo temporaneo, in particolare per alloggi di transizione, ma l’autorecupero e l’autogestione ha sicuramente tempi più veloci nel dare risposte al disagio abitativo.