Versioni preconfezionate degli scontri “dei soliti facinorosi” e correzioni cerchiobottiste quando cambia il vento ed emerge la verità. Anche il tg di Mentana, considerato da qualcuno indipendente, cade nei soliti meccanismi dell’informazione pressapochista.

Radio Città Fujiko, come sapete, ha seguito da vicino, con una diretta serrata, le manifestazioni del 14 novembre, giornata di sciopero generale europeo. Abbiamo raccolto 18 corrispondenze  di persone – giornalisti, manifestanti, sindacalisti e studenti – che si trovavano nel cuore dei cortei. Abbiamo dato queste notizie e offerto anche l’opportunità di confrontarle con i lanci d’agenzia e le diverse fonti che stavano dando copertura al grande evento.

Potete quindi comprendere l’amarezza e il disappunto che si prova quando, la sera, ci si sintonizza sul telegiornale che offre la lettura preconfezionata e ritrita di quello che è successo nelle piazze italiane.
Io ho seguito in particolare il Tg di La7 condotto da Enrico Mentana che, al pari di tanti altri, nel raccontare quanto successo a Roma, ha proposto il ritornello dei pochi manifestanti violenti che hanno ingaggiato scontri con la polizia.
Il giornalista, a onor del vero, si è anche lasciato scappare un piccolissimo dubbio sulla gestione dell’ordine pubblico da parte delle forze dell’ordine, ma tutti i servizi andati in onda non offrivano un’analisi attenta e puntuale di quanto successo.

Fin qui nulla di nuovo. Non ci sconvolgono i meccanismi dell’informazione italiana, che conosciamo purtroppo bene. Quel che vale la pena segnalare è quanto successo qualche giorno dopo.
Ieri, venerdì 17, si apprende che la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per accertare se ci sono stati degli abusi da parte della polizia nella gestione delle piazze. Le testimonianze, del resto, ci raccontavano di una vera e propria “caccia al quindicenne” nel lungotevere. L’indagine, per precisione, riguarda anche il comportamento dei manifestanti: gli 8 arrestati sono stati interrogati e rilasciati in serata.

Le polemiche e le prese di posizione si inseguono per tutto il giorno. Non ultime le dichiarazioni del questore di Roma, Fulvio Della Rocca, che difende l’operato dei suoi agenti, a suo modo di vedere vittime di “aggressioni militari”. Il questore interviene anche sul tema delle traiettorie dei lacrimogeni, proponendo anch’egli un antico ritornello: sarebbero stati gli edifici a deviare i lacrimogeni. Un po’ come quanto accaduto al G8 di Genova nel 2001, quando si sostenne che Carlo Giuliani fu ucciso da un proiettile sparato in aria, ma deviato da un sasso.
Non occorrono commenti.

Nel frattempo, però, Repubblica  diffonde un video in cui si vedono partire dai lacrimogeni dalla sede del Ministero di Giustizia. A giudicare dalla traiettoria, si tratterebbe di lacrimogeni a strappo: due sembrerebbero partire dal secondo piano sopra le stanze occupate dal ministro Paola Severino, il terzo dal tetto dell’edificio.
Il video solleva un ulteriore polverone, con i vertici di polizia e governo costretti a cambiare atteggiamento e a promettere punizioni per eventuali abusi.

È a questo punto che, cambiato il vento, anche il buon Enrico Mentana cambia atteggiamento. Il direttore di La7, infatti, pubblica su Twitter  un commento che recita, testuali parole: “Dal 68 a oggi se n’eran viste di tutti i colori, quanto a proteste e scontri. Ma mai dei lacrimogeni lanciati dalle finestre di un ministero”.
Improvvisa conversione? Folgorazione cerchiobottista? Forse, più semplicemente, Mentana si è reso conto che non era più possibile affrontare il tema con le solite rappresentazioni preconfezionate e che stava emergendo un’analisi più approfondita di quanto accaduto.
Analisi che il suo telegiornale blasonato non aveva dato e che ora, forse, andava recuperata.

Anche il tg di La7, dunque, considerato indipendente e di qualità, con i lunghi “spiegoni” autocelebrativi del suo direttore, pecca del pressapochismo dei media mainstream. Anche Mentana, che per qualcuno è diventato il baluardo dell’alternativa (ruolo facilmente interpretabile visti i Minzolini e i Sallusti del giornalismo italiano), ripercorre i meccanismi distorsivi delle altre testate.
Vittime, ancora una volta, di tutta questa storia sono la verità e i cittadini che devono sorbire versioni filtrate di quanto accade.