Il titolo non è una metafora, perché una camminata è avvenuta davvero, in particolare tra due città martiri. Partenza da Marzabotto, più precisamente da Monte Sole, arrivo a Sant’Anna di Stazzema. È da quell’esperienza, dalla Camminata per la pace nei luoghi della memoria che trae ispirazione “Camminare l’antifascismo – La memoria come ribellione all’ordine delle cose” (Edizioni Gruppo Abele), il nuovo libro di Lorenzo Guadagnucci, in libreria da oggi.
Un’altra memoria è possibile, l’antifascismo come arma di ribellione
Camminare, del resto, secondo lo stesso autore «è un atto politico», come si legge nel libro e come titola proprio un capitolo dello stesso.
«Il cammino nel libro è un’occasione per una riflessione sull’attualità dell’antifascismo – osserva Guadagnucci – Le rivoluzioni avvengono per strada e il camminare è un’occasione per coinvolgere i corpi e dare forza ai propri pensieri e alle proprie prospettive. Solo camminando, col passo lento e prendendosi tempo, si riesce a entrare dentro i luoghi e ragionare sulle storie. E camminare insieme può essere un atto che cambia l’ordine delle cose».
Un gruppo eterogeneo di persone, con differenti livelli di consapevolezza di ciò che è avvenuto nei luoghi di due delle più terribili stragi nazifasciste, attraverso la riflessione che porta con sè il camminare, si interrogano su ciò che è avvenuto durante la Seconda guerra mondiale e come conservarne la memoria oggi. E lo fanno senza dare nulla per scontato, ma scavando in profondità tanto dalla parte delle vittime quanto negli animi degli aguzzini.
Da questa analisi, che è anche introspezione, però, non esce semplicemente una constatazione su quel che fu. Né è sufficiente l’indignazione, come richiama un altro capitolo del libro.
«La memoria e il pensiero che possiamo trarre da quei fatti a mio avviso ha a che fare con la dignità – afferma l’autore – Il punto di partenza del dopoguerra, ciò che ha saputo costruire la Resistenza con la Repubblica e la Costituzione, poggia sulla dignità della persona ed è stato un gesto che ha cambiato l’ordine delle cose ed è forse il motivo per cui oggi l’antifascismo è così importante e forte».
A proposito di memoria, nell’opera si contestano anche gli sconti fatti al ruolo dell’Italia e degli italiani durante il Ventennio. Lo stesso ricordo di quegli anni viene edulcorato per ciò che riguarda le responsabilità dei connazionali, gli orrori e i crimini perpetrati, anche nelle colonie. Ma analogamente, non si può indulgere sui crimini che noi continuiamo a compiere, «I nostri genocidi» che riguardano anche il presente. Come le stragi di migranti nel Mediterraneo.
La considerazione che viene portata nel presente è che «la guerra vistada vicino porta alla conclusione che non ha niente di affascinante, ma è orrore, è uno sbaglio», sintetizza Guadagnucci. Che evoca l’insegnamento di Gino Strada, secondo cui non dobbiamo nemmeno più dirci pacifisti, ma dobbiamo essere più precisi perché la parola pacifismo è stata corrotta. Dobbiamo dirci contro la guerra.
E come l’antifascismo storico, in tempo di guerra, ha saputo immaginare un dopo in maniera radicalmente diversa, un nuovo antifascismo dovrebbe partire dal principio di dignità delle persone e mettere in discussione il mondo che ci circonda.
«Se guardiamo il mondo c’è da cambiare praticamente tutto – osserva Guadagnucci – L’antifascismo è una rivoluzione, è un passaggio verso una nuova dimensione. Non è una memoria da coltivare con dei riti, è la prospettiva di un cambiamento radicale».
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