L’attrice, regista e autrice Elena Bucci ha costruito uno spettacolo intorno alla figura di Laura Betti leggendo i suoi scritti e quelli di chi l’ha conosciuta, guardando interviste, spezzoni di film e spettacoli, leggendo Pasolini per tentare di comprendere il legame così profondo tra i due e le motivazioni di quel soprannome “Bimba”. Bucci presenta la sua drammaturgia, regia ed interpretazione dello spettacolo nell’ambito del progetto Pier Paolo Pasolini 1922/2022 a cura di Ert/Teatro Nazionale

Lo spettacolo parte da Oriana Fallaci chimata da Laura Betti per scriverle una canzone e torturata a questo scopo, come tutti gli altri amici scrittori, con il metodo che Betti chiama “metodo piaga” per ottenere quanto desiderato. Alla partenza ritroviamo una Elena Bucci che conosciamo e riconosciamo dalla gestualità consueta, per la quale l’abbiamo sempre apprezzata come attrice formatasi all’interno della compagnia del Maestro Leo de Berardinis. Per altro Bucci recentemente aveva già interpretato Oriana Fallaci in uno spettacolo all’Oratorio San Filippo Neri che ricordava in qualche modo questo inizio. Poi però, dopo aver citato la definizione che Oriana diede di Betti: “figura tragica”, e dopo aver raccontato che il critico cinematografico Tullio Kezich era stato costretto, negli anni, ad ammettere di essersi sbagliato sul conto di Laura Betti, lo spettacolo cambia. La treccia dell’attrice viene coperta da una parrucca bionda con il caschetto e Bucci scompare dietro un telone per ricomparire solo come silhouette nel rettangolo inondato di luce bianca come al cinema. Se già prima si sono sentite frasi di Betti registrate, o come citate in conversazioni con altri, da questo momento la narazione è portata avanti in prima persona, Betti parla per sé e di sé della sua partenza da Bologna per Roma con la trasformazione da Trombetti a Betti, della sua vita nella casa di via del babbuino dove coabita niente meno che con Paolo Poli. E in quella casa girano gli scrittori, che lei chiama, per distinguersi, al femminile e così c’è la Fortini, la Calvino, la Moravia, la Fofi, a tutti chiede un testo di una canzone, come va di moda all’estero, ma non ancora in Italia. E tra gli scrittori c’è anche lui Pier Paolo e poi Pier Paolo muore e a Betti resta quasi il vuoto di quelle ore passate con lui a guardare quei ragazzini dalle mani nodose, senza infanzia, vicino al mare.

Se la gestualità è ampia, braccia in alto, aperte, da diva guantata mentre parla delle scrittrici che passano per casa, della sua insaziabile vitalità, quando parla della morte di Pier Paolo, Bucci si allontana dal telone tanto che si vedono solo le mani, mani che si muovono freneticamente come a cercare di afferrare chi ormai non c’è più. Dolore, amore e rabbia nel parlare del rapporto con Pasolini. Dichiara che erano “ribelli uno all’altra” un legame fortissimo, un amore scandaloso forse come sosteneva Morante proprio perchè non c’era sesso. E il via vai degli scrittori a casa Betti questa volta non era più per lei, ma per vedere e parlare con Pier Paolo. Betti era gelosa di tutti, gelosa di Ninetto che arrivava a casa puzzolente, gelosa della Callas.

Bucci/Betti esce da dietro il telone e dismettendo i panni da diva del cinema si avvicina al pubblico come per fare delle confessioni più intime, parlare di cose più profonde. La parrucca è mantenuta, la striscia rettangolare da schermo cinematografico sul telone rimane e sulla parete di destra compare la proiezione di una luce viola che dà un’atmosfera calda. Così Laura racconta della sua infanzia dentro e fuori dal collegio delle Dorotee, della madre attrice continuamente alle prese con operazioni di chirurgia estetica, della sua educazione sessuale impartita dalla cuoca, l’Antelisca, che le insegna l’autonomia di pensiero, le insegna che deve far credere al principe che è il padrone, ma di tenere ben in mente che l’unica regina della sua vita è solo lei.

E poi arriva anche per lei il cinema e i film con Pasolini che accetta di fare, sebbene non ci fossero mai soldi, perchè a per Paolo non riesce a dire di no. Ne La terra vista dalla luna interpreta la parte di un uomo, è Desdemona in Cosa solo le nuvole film in cui prende schiaffi veri, racconta, da Ninetto Davoli nei panni di Otello, Teorema per il quale vince la coppa Volpi a Venezia dopo l’assoluzione al processo per oscenità. E tra La dolce vita di Fellini e ‘900 di Bertolucci Betti ingrassa, dimagrisce, ingrassa in una lotta con se stessa, anche questa parte di quella disperata vitalità che le viene riconosciuta come la sua principale caratteristica, nel bene e nel male, insieme al suo passo da giaguara.

Bucci costruisce lo spettacolo attraverso i racconti di Betti tratti dalla sua autobiografia, da articoli di giornali, interviste, in sottofondo ci sono canzoni dell’epoca o la voce della stessa Betti, le sue canzoni, quelle canzoni tanto sudate scritte per lei grazie alla sua insistenza, quel “metodo piaga” che alla fine le aveva permesso di costruirsi un ragguardevole repertorio musicale con grandi firme. Un pò diva e un pò sempre bambina disperata a cui è mancato l’affetto della madre troppo impegnata a sembrare più giovane per fare il cinema e disperata perchè in competizione con la sorella più magra e più bella di lei. Quell’infanzia ritorna per tutto lo spettacolo come chiave per comprendere la ragione del soprannome che Pasolini usava con Betti e forse la ragione di quella disperata vitalità e indipendenza.

Lo spettacolo è stato risolto con l’uso delle luci e facendo scomparire per gran parte dello spettacolo la fisicità di Bucci dietro il telone riuscendo a vedere o immaginare di vedere al suo posto la sagoma di Betti nel rettangolo di luce bianca. Quando poi Bucci torna in proscenio, il pubblico è immerso nel racconto e non vede più Elena Bucci, ma Laura Betti, la immagina con il fisico di Betti, il gioco è riuscito. Plauso alle luci di Loredana Oddone, Max Mugnai e Daria Gruspino come anche alla drammaturgia del suono di Raffaele Bassetti.

Il finale è il momento più debole dello spettacolo con la citazione di una canzone, in francese, di Laura Betti, tradotta, in forma declamatoria, a leggio da Elena Bucci con la canzone sotto. Bello il testo della canzone, ma l’effetto sembra caotico e pasticciato “Entro nell’ombra, vi lascio il mondo”.