“Giselle” produzione del Teatro alla Scala trionfa al Teatro Comunale di Bologna con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala e l’Orchestra del Comunale. Su tutti e tutte spicca, come la più lucente delle stelle, Nicoletta Manni, dal 2014 Prima ballerina della Scala, in un’interpretazione impeccabile che mette in luce la fragilità di Giselle, il suo essere perdutamete e ingenuamente innamorata, tanto da essere annientata dal dolore per l’inganno subito.

Finalmente a Bologna è approdata la grande danza grazie a Giselle prodotta dal Teatro alla Scala con le celebri coreografie di Jean Coralli e Jules Perrot riprese da Yvette Chauvriré sulle musiche di Adolphe Adam. La stagione di danza 2022 del Comunale si apre con uno dei titoli più celebri del balletto romantico e il più prestigioso corpo di ballo italiano diretto da Manuel Legris che ha danzato in quel corpo di ballo dal 1980, diventantone poi étoille per nomina di Nureyev, fino al suo ritiro dalle scene, nel 2009.

Oggi la stella che brilla sui palcoscenici internazionali mantendendo alta la fama del Teatro alla Scala è Nicoletta Manni. E’ privo di ogni asperità il suo danzare, lieve, aerea, morbida come nessuna delle colleghe sul palco. Quella di Manni è una Giselle emozionante che trasmette la gioia del suo essere una giovane innamorata anche nell’incontro impossibile con l’amato, dopo la sua morte.

Il corpo di ballo della Scala è stato eccellente, magnifico specie nel secondo atto in momenti di assoluta bellezza in cui le danzatrici, nelle soffici e candide vesti delle Willi, si intrecciano, si mescolano, avanzando coralmente in delicati arabesque glissée perfettamente eseguiti.

Degna di nota è sicuramente anche l’interpretazione di Maria Celeste Losa di Myrtha, Regina delle Willi e di Timofej Andrijashenko nei panni del principe Albrecht che conquista applausi sinceri negli assoli e lascia con il fiato sospeso nei celebri entrechat six che sembrano farlo volare per l’elevazione e la delicatezza del movimento delle braccia degli ultimi che precedono l’inchino finale ai piedi dell’amata.

Agnese di Clemente nel Passo a due dei contadini risulta talora rigida, poco fludida nel movimento, intenso invece il compagno Federico Fresi al suo fianco nella replica del 23 aprile da me vista.

Ben eseguite, dinamiche e espressive tutte le parti pantomimiche del primo atto che portano avanti l’azione e che, se pur non danzate, sono di grande importanza nell’economia della narrazione fiabesca di un Opèra ballet la cui pregevole esecuzione crea la base d’energia, di emozione per assoli e duetti, così come l’alternarsi di recitativi ed arie nell’opera lirica.

Proprio nei momenti pantomimici emerge la bravura del compositore, Adolphe Adam, come creatore di atmosfere, suggeritore di dialoghi senza parole, imitatore dei suoni della natura con gli strumenti orchestrali. Con le frasi musicali parlanti Adam porta avanti le discussioni tra i personaggi indirizzando gestualità ed espressività dei danzatori. Corni inglesi o campane risuonano nel corso della partitura creando situazioni che ai danzatori basta enfatizzare segendo il tracciato coreografico, per fare in modo che si segua la trama e si leggano le parole non pronunciate.

Il timbro orchestrale gioioso iniziale narra la giovinezza e l’ingenuità di Giselle e su questo la danzatrice appoggia la sua lieve interpretazione del m’ama e non m’ama poi ricordato con dolore al momento della pazzia. Motivi funesti talora intevallano il gioioso fluire della festa campestre, premonizioni del successivo epilogo, corrispondenti a brevi mancamenti della fanciulla. Motivi esotici consentono danze vorticose, frizzanti che tanto affascinavano il pubblico del vaudville dove il compositore si fece le ossa ottenendo i primi grandi successi in Francia e Inghilterra e che facilitano nel balletto l’immersione nelle atmosfere magiche e fatate. Il valzer, simbolo di gioia inebriante, risuona sia al momento dei festeggiamenti con gli abitanti del villaggio, che nel cupo secondo atto, come danza delle mortifere Willi, creature della mitologia germanica spaventose ed eteree, fanciulle morte prima delle nozze, divenute spiriti, che la notte attirano gli uomini obbligandoli a danzare fino a morirne. E’ l’arpeggio dell’arpa, come un esca, ad attirare il giovane Hilarion prima e poi Albrecht tra le Willi. A fronte di un Hilarion condotto alla morte, l’amato Albrecht verrà salvato dalla danza di Giselle, ancora su di un valzer, che lo tiene in vita fino ai primi bagliori dell’alba, quando l’incantesimo delle Willi si dissolve. Giselle, pur dopo essere morta per il tradimento subito da Albrecht, non smette d’amarlo e, sebbene non possa riavere la sua vita, nè abbracciare realmente il suo amato, grazie alla sua passione per la danza può impedire che le Willi uccidano anche il suo amato.

Se la partitura e le coreografie sono l’ossatura del balletto e l’interpretazione da parte della compagnia di danza ne è l’anima, scene, luci e costumi sono elementi che coronano la riuscita di ogni rappresentazione di un balletto. In questa Giselle le luci di Marco Filibeck sono efficaci, i costumi e le scene di Aleksander Benois rielaborati da Angelo Sala e Cinzia Rosselli sono perfettamente rispettosi della tradizione senza essere banali, fiabeschi e capaci di attivare la sospensione dell’incredulità da parte di spettatori e spettatrici immergendo nel mondo incantato.

Complessivamente uno spettacolo godibile, a tratti entusiamante, di grandissima qualità. Non potendo tanti bolognesi andare alla Scala a vedere i balletti, ci auguriamo che la Scala torni anche le prossime stagioni all’interno del cartellone del Teatro Comunale. Nel frattempo attendiamo il prossimo appuntamento con la danza il 17 e 18 maggio con il Galà internazionale a cura di Daniele Cipriani intitolato “Les étoiles”.