Non solo Bologna. Anche a Brescia continuano a salire i contagiati da Covid-19, che sono passati dai 506 casi di ieri ai 901 di oggi, facendola diventare la provincia più colpita della Lombardia con quasi un terzo dei casi della regione.
La sensazione diffusa che i numeri stavano subendo un aumento si aveva già da sabato, quando il centro di tamponamento drive-in dell’ospedale civile di Brescia, creato in via Morelli, ha avuto code superiori alle tre e quattro ore. Lo stesso giorno, Brescia è stata registrata come la seconda città e provincia in Italia per casi registrati.

Il boom di contagi a Brescia

La provincia più colpita della Lombardia potrebbe aver subito le conseguenze dell’elevata contagiosità della variante inglese, che imperversa nel territorio. Su 50.268 tamponi effettuati in Lombardia martedì scorso, sono infatti risultati 3.310 i nuovi positivi con il rapporto di positività al 6.5%. I decessi di martedì sono 38, per un totale di 28.184 morti in regione dall’inizio della pandemia.
Nell’hinterland bresciano la variante inglese può aver accelerato il processo di diffusione del virus, mentre la decisione di marcare il focolaio come zona rossa è arrivata in ritardo, solo sabato scorso. «Quello che vediamo è che oltre ai paesi dove si è registrato il focolaio, anche tutto l’intorno è esploso a causa di questi nuovi casi», ha raccontato ai nostri microfoni Andrea Cegna, giornalista di Radio d’onda d’urto.

«Già a fine gennaio a Castrezzato vi è stato il primo aumento di casi nel bresciano dovuto alla variante inglese», sottolinea il giornalista. Alla rapida diffusione della nuova variante, la Regione non è riuscita a rispondere in modo altrettanto rapido e ciò ha portato all’aumento dei ricoveri e alla saturazione dei posti in terapia intensiva in alcuni ospedali, come nel caso di Chiari.
I dati ufficiali della Regione Lombardia, però, tardano a specificare quali siano i casi di variante inglese e quali quelli di altre varianti, eppure l’aumento del numero dei contagi è evidente, soprattutto fuori dagli ospedali. «Sono ancora qui, al punto tamponi in via Morelli – racconta Cegna – La coda e la situazione non è numericamente come quella vissuta lunedì, quando si registravano tre o quattro ore di attesa per effettuare il tampone, ma è comunque importante. Le macchine non riescono neanche a entrare nella zona dedicata ai tamponi e hanno formato una lunga coda».

Per rispondere all’aggravarsi della situazione, anche nel bresciano sono state disposte nuove misure di contenimento. Da martedì, i territori colpiti sono passati in zona “arancione scuro“, che comporta la chiuse delle scuole di ogni ordine e grado, mentre vi è l’intenzione di accelerare la vaccinazione per gli over 80, ma anche per chi ha tra i 60 e i 79 anni.
Anche se la memoria va subito a quanto accaduto durante la prima ondata, quando la bergamasca e il bresciano hanno registrato la situazione più drammatica a livello italiano, vi sono però cambiamenti positivi. All’interno degli ospedali, in particolare, il personale sa come comportarsi e vi sono precisi protocolli di cura più efficienti che permettono dei tempi di guarigione più rapidi. «Se a marzo e aprile l’aumento dei ricoverati portava con sé un esponenziale aumento dei ricoverati in terapia intensiva, adesso questo processo è stato rallentato», osserva il giornalista.

Nonostante la gestione della pandemia e dei vaccini in Regione abbia subito un cambio di nomi con Letizia Moratti a gestire la pandemia al posto di Giulio Gallera e Guido Bertolaso a gestire le vaccinazioni, alcuni problemi non sono cambiati. «Gli attori sono quelli che da anni governano i processi emergenziali e sanitari – sottolinea Cegna – Il problema del sistema sanitario lombardo, che è stato per anni accentrato negli ospedali con assoluta dimenticanza e distruzione graduale della medicina territoriale, sta facendo sì che l’affrontare questa pandemia non sia per nulla semplice e facile».

Vittoria Torsello

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