Di fronte all’accelerazione dei processi di “industrializzazione” dell’università impressa dalla pandemia, BRAIN – uniBo chiede un ripensamento radicale della ricerca e dell’istruzione. Lo fa intervenendo nella campagna per il Rettorato con una lettera a candidate e candidati. In un dibattito caratterizzato da programmi fin troppo simili, BRAIN – uniBo chiede “un’università innovativa, fuori dagli schemi: uguaglianza, cooperazione, ricchezza”. Ne abbiamo parlato con Paola Rudan di BRAIN – uniBo.

BRAIN – uniBo: un cervello collettivo per ripensare l’università

L’ultimo anno è stato caratterizzato da un’accellerazione dei processi trasformativi dell’università, sempre più simile ad un “laboratorio della disuguaglianza e piattaforma che smercia sapere impoverito”. “Abbiamo voluto prendere parola – spiega Paola Rudan – per dire tutta una serie di cose che a noi sembrano inaggirabili, e che non ci sembra siano presenti dentro al dibattito che si muove dentro a uno schema già prefissato, che è quello che ha le parole innovazione e resilienza come criteri guida. Resilianza che è un termine che in qualche modo esprime letteralmente l’elasticità e la capacità di adeguamento che è stata chiesta a docenti, student* e precari* della ricerca per far fronte alla situazione. È la capacità di adattamento a condizioni di disuguaglianza esasperate nella pandemia e che viene ributtate sulle spalle degli individui, come student* che hanno dovuto studiare nell’azzeramento totale dei servizi disponibili. E resilienza è un po’ questo termine che si chiede a una ricerca che dovrebbe adattarsi alle domande della società industriale in crisi e dove non è possibile innovazione. La ricerca funziona con domande a progetto, missioni e destinazioni che sono scritte prime e che non possono essere ripensate in nessun modo. Secondo noi nessuna innovazione è possibile dentro a questo schema che trasforma ogni docente e ogni ricercatore in una sorta di manager che deve procacciare fondi e dove la ricerca vincente è quella che risponde alle domande di policy e di profitto fatte dall’unione Europea e dal mercato”.

Nessuna di queste tendenze è una novità, ma come è successo in molti ambiti, il contesto pandemico ha esacerbato le contraddizioni presenti ed accelerato i processi trasformativi – mai messi in discussione nonostanza l’evidente emergere di disuguaglianze e problemi di accessibilità.
Proprio per questo, a pochi mesi dall’inizio della pandemia è nato BRAIN – uniBo, uno spazio di presa di parola collettiva e discussione per docenti, studenti, studentesse, ricercatori, ricercatrici, dottorandi e dottorande. “Abbiamo sentito l’esigenza di creare uno spazio di discussione su quello che stava succedendo – spiega Paola Rudan -anche considerando che è stata chiara abbastanza presto la percezione che una serie di trasformazioni in atto non sarebbero state soltanto temporanee ed emergenziali ma sarebbero entrate a pieno regime nell’università, fra tutte evidentemente la didattica a distanza”.

Dalla sua nascita BRAIN – uniBo ha portato avanti momenti di discussione e confronto e momenti di presa di parola collettiva nello spazio pubblico. Anche in questa occasione era prevista una manifestazione pubblica per il 24 marzo, poi rimandata a fronte della zona rossa e dell’elevato numero di contagi. Il prossimo appuntamento sarà il 15 aprile, quando si terrà una tavola di discussione online su questi temi. Il ritorno in piazza, invece, è previsto per il 5 maggio.

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Anna Uras