Profughi arrestati, picchiati e gasati dalla polizia ungherese al confine con la Serbia, una “terra di nessuno” dove non è presente l’Unhcr. Amnesty International denuncia l’abbandono dei rifugiati, tra cui malati e disabili, assistiti solo da associazioni locali.
Confine Serbia Ungheria come sfogatoio di Orban?
Quello che sta accadendo al confine tra Serbia e Ungheria non è un bel biglietto da visita dell’Europa. Non c’è solo il rimpallo dell’accoglienza o le intenzioni bellicose a contaddistinguere l’azione del Vecchio Continente sul tema immigrazione, ma anche le cronache e le immagini che ci arrivano da Roszke.
Migranti arrestati, ma prima picchiati e fatti oggetto di lacrimogeni, perché “colpevoli” di voler varcare il confine, protetto dalle forze dell’ordine e dal muro di filo spinato.
Il presidente ungherese Viktor Orban, del resto, non sembra volersi fermare nemmeno davanti al richiamo – seppur timido, va detto – dell’Onu.
Le cose non vanno meglio dall’altra parte del confine, ad Horgos, in Serbia, dove Amnesty International denuncia una situazione insostenibile.
Più di mille persone, provenienti da Siria, Afghanistan ed Iraq, sono bloccate lungo un’autostrada della Serbia, “in condizioni spaventose e in rapido peggioramento”. “Centinaia di rifugiati, tra cui anche malati e molti disabili, dormono sul tratto chiuso dell’autostrada, assistiti solo da volontari locali“, spiega l’associazione, che rivela anche che l’accesso a cibo, acqua corrente e servizi igienici è fortemente ristretto. In particolare, “i rifugiati sono bloccati in una vera e propria ‘terra di nessuno’ tra Serbia e Ungheria, nella totale mancanza di informazioni.
In assenza di qualsiasi forma di assistenza da parte del governo di Belgrado, i volontari locali distribuiscono latte e altri generi di prima necessità ma, secondo Amnesty, è ben poca cosa rispetto all’emergenza.
Grande assente, vista la situazione, è l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati.