La città si schiera contro la volontà del Ministero dell’Interno di riaprire il centro di detenzione per migranti di via Mattei. Insieme al mondo dell’associazionismo e dei sindacati anche il Comune di Bologna. Il 18 manifestazione davanti alla struttura.

Un appello affinché il Cie di via Mattei non venga riaperto. Lo hanno lanciato questa mattina, davanti alla Prefettura di Bologna, tutte le realtà cittadine e i singoli che vi hanno aderito. Tra queste, centri sociali come Tpo, Vag 61, Labas; associazioni come Piazza Grande, Progré, Primavera Urbana, Avvocato di strada; e ancora Arci, Uisp, l’Usb – Unione sindacale di base, Adl cobas, Cgil. Presenti anche i consiglieri comunali  Francesco Errani (Pd) e Cathy La Torre (Sel), e il consigliere regionale Roberto Sconciaforni (FdS).

Preoccupa la volontà del Ministero dell’Interno di riaprire il centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Via Mattei (attualmente chiuso). Dopo la chiusura e i problemi della coop. L’Oasi, sarebbero infatti confermate le voci riguardo l’intenzione della Prefettura di bandire una nuova gara d’appalto al ribasso, con un minimo di 30 euro giornalieri per detenuto. Per questo motivo si sono unite le diverse realtà contrarie alla riapertura del Cie, una struttura che, come spiega Neva Cocchi dello Sportello Migranti del Tpo, da dieci anni è teatro di “violenze, di sofferenza, di privazione dei diritti che legittima lo sfruttamento dei migranti consentito dalla Bossi-Fini. Abbiamo visto rivolte represse con violenza spropositata, tentativi di suicidio, abusi di psicofarmaci come strumenti di gestione delle persone rinchiuse”.

Contro il Cie e tutto ciò che rappresenta, Bologna ha espresso un forte dissenso. Lo stesso consiglio comunale, nel mese di ottobre, ha approvato un ordine del giorno con cui si dichiarava indisponibile ad ospitare sul proprio territorio un centro di identificazione ed espulsione per immigrati. Per questo motivo, una sua eventuale riapertura, rappresenterebbe un “atto contro la democrazia”, dal momento che verrebbe imposta da Roma senza tenere conto della volontà del territorio.

La capogruppo di Sel a Palazzo d’Accursio Cathy La Torre, sottolinea come “lo stesso sindaco è intervenuto e si è detto assolutamente contrario. Tutta Bologna ha detto che non vuole il Cie, il Ministero non può non ascoltare la voce del territorio e del consiglio comunale”. Secondo La Torre, la soluzione migliore sarebbe “una riconversione di quel luogo di detenzione e violenza, per rispondere alle concrete esigenze di emergenze abitative e  di accoglienza”.

Per Annarosa Rossi di Cgil non basta “chiudere solo i Cie di Bologna e Modena, ma vanno chiusi in tutto il Paese”. Questo perché “le persone comunque vengono prese e mandate in altri Cie dove le condizioni sono gravissime. Sono luoghi dove i diritti non esistono assolutamente”.

Il consigliere comunale Francesco Errani rivela come sia importante “trovare soluzioni e proposte diverse rispetto a leggi che si sono rivelate fallimentari, inefficaci, che hanno un costo economico e umano altissimo”. Per questo motivo “ho lanciato una petizione online che ha già raccolto 1500 firme, per chiedere di non riaprire il Cie e una diversa destinazione d’uso legata a una politica di solidarietà che sappia dare delle risposte concrete”.

La prima occasione per fare sentire la propria voce da parte di tutti coloro che si schierano in questa battaglia è il 18 dicembre, giornata internazionale per i diritti dei migranti. L’invito di Cocchi è quindi rivolto a “tutte le realtà e tutta la parte di Bologna che non è più una minoranza, a essere con noi davanti al Cie di Via Mattei per ribadire che quel posto deve essere chiuso una volta per tutte”.

Andrea Perolino