Questo pomeriggio, alle 18.30 in piazza Nettuno a Bologna, si terrà un nuovo presidio per Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna sotto processo in Egitto con l’accusa di diffusione di false notizie. Dopo due anni di detenzione, lo studente è stato scarcerato, ma non può lasciare il Paese fin quando non ci sarà una sentenza. Le udienze del processo a suo carico, però, hanno costantemente subito rinvii e, dal momento del suo arresto ad oggi, sono passati più di tre anni.
A scendere in piazza a Bologna sarà Amnesty International, affiancata da Università e Comune di Bologna. La richiesta è sempre la stessa: liberare Patrick e lasciarlo tornare a terminare i suoi studi.
Patrick Zaki, Bologna torna in piazza, l’Italia pensa al gas dell’Egitto
«A 24 ore dall’ennesima udienza che lo vede coinvolto in questo processo, scendiamo ancora in piazza per Patrick – spiega ai nostri microfoni Chiara De Ninno della sezione universitaria di Amnesty – Accenderemo ancora una volta i riflettori non solo su di lui, ma su tutti i prigionieri di coscienza che in Egitto vengono vessati e sottoposti a violazioni dei diritti umani».
La città di Bologna si è mobilitata fin dall’arresto del giovane e ha costantemente dato vita a manifestazioni per chiederne la liberazione. Diverso, invece, è l’atteggiamento delle istituzioni nazionali, che sulla vicenda di Patrick, così come su quella di Giulio Regeni, hanno manifestato timidezza e ambiguità.
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È per questo che, in vista della manifestazione di oggi pomeriggio, il portavoce nazionale di Amnesty, Riccardo Noury, ha affermato che «l’attenzione sulla storia di Patrick sta calando, non vediamo più da parte delle istituzioni italiane segnali di interesse su questa vicenda».
Il rammarico di Noury è addirittura peggiorato dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato di Eni, Claudio De Scalzi, che nel week end è stato protagonista di una polemica che riguarda proprio l’Egitto e i rapporti commerciali con l’Italia.
«L’Egitto ci ha aiutato rinunciando ai suoi carichi per questa estate per mandarli in Italia per riempire gli stoccaggi – ha detto l’ad di Eni – Questi sono Paesi a cui se dai, ricevi».
Parole di elogio verso il regime di Al Sisi che non sono piaciute alla segretaria del Pd Elly Schlein. «Voglio chiedere al governo se tra le cose da “dare per ricevere” è considerata anche l’impunità dei torturatori e degli assassini di Giulio Regeni, un ricercatore italiano ed europeo, per il quale ancora dopo anni portiamo il braccialetto al polso per chiedere verità a giustizia, o per la liberazione di Patrick Zaki, o i diritti calpestati delle donne e degli uomini egiziani incarcerati per il legittimo dissenso», ha detto Schlein.