Era una delle promesse della campagna elettorale della squadra capitanata dal neosindaco Matteo Lepore, al centro anche di una campagna intitolata “Bologna 30“. L’ipotesi di fissare la velocità stradale a 30 all’ora, però, si fa sempre più strada e a sostenerla, negli ultimi giorni, è stato il primo cittadino stesso, appoggiato dall’ex assessore alla Mobilità Andrea Colombo.
Nella maggioranza a Palazzo D’Accursio c’è un’altra grande sostenitrice del progetto ed è la capogruppo provvisoria di Coalizione Civica, Simona Larghetti, che da presidente della Consulta della bicicletta aveva fortemente sostenuto il progetto.

Il progetto di Bologna a 30 all’ora

«È un’ipotesi che deve diventare realtà già dal nostro Piano Generale del Traffico Urbano votato nel 2019 dal Consiglio comunale – ricorda ai nostri microfoni Larghetti – Tutte le città europee stanno andando in questa direzione in quanto tutte le sperimentazioni hanno confermato che è l’unico modo per azzerare la mortalità stradale senza aumentare i tempi di percorrenza».
Su quest’ultimo punto, oggetto di obiezioni e critiche, Larghetti insiste molto. Il limite di velocità a 30 chilometri orari non aumenterà il tempo trascorso nel traffico.

Tutto dipende dalla modalità di guida e da quella che è la velocità media.
«La velocità media in città è già molto bassa – osserva Larghetti – Andiamo dagli 8-15 chilometri orari durante l’ora di punta ai 27 chilometri orari dove non c’è traffico. La ragione è facile da intuire: non facciamo altro che accelerare, frenare e fermarci in coda o al semaforo successivo, quindi creiamo delle congestioni, che però non ci fanno arrivare prima».
Al contrario, le grandi accelerazioni aumentano la pericolosità della strada, perché il campo visivo laterale diminuisce, così come diminuisce la capacità di reazione agli imprevisti, aumentando il numero degli incidenti.

La questione della sicurezza stradale: i numeri del 2020

Nel 2020, nella sola città di Bologna, sono stati registrati 1318 incidenti, che hanno provocato 1652 feriti e 14 morti. I dati sono quelli dell’Osservatorio incidenti stradali della Città Metropolitana, che coprono un periodo nel quale le persone sono state a lungo in lockdown, quindi con una riduzione significativa del traffico.
«Abbiamo avuto tre morti sulle strisce pedonali proprio all’uscita dal lockdown – sottolinea Larghetti – credo che sia un chiaro segnale di come dobbiamo fare attenzione alla convivenza tra utenti diversi della strada se vogliamo evitare di piangere ogni due mesi un morto sulla strada».

Quali parti della città sarebbero a 30 all’ora

La consigliera di Coalizione Civica spiega nel dettaglio come sarebbe applicata la misura. In particolare, non vi sarebbe una distinzione tra centro cittadino o periferia, ma l’applicazione del limite di velocità dipenderebbe dalla tipologia della strada, in base alla classificazione. «Strade a percorrenza, molto larghe, come l’asse attrezzato o i viali, non saranno interessate dal limite, anche perché per la loro natura sono ad alto scorrimento e la presenza di pedoni o ciclisti è scarsa. Il limite riguarderà invece tutte quelle strade ad una corsia, come le strade di quartiere ma in alcuni punti le radiali principali che, venendo da un’impianto medievale, non sono molto larghe».

A cambiare dovrà essere il modo di guidare

La maggioranza in Comune è consapevole che un provvedimento come quello del limite di velocità a 30 all’ora solleverà critiche, perché già le sta sollevando. Nonostante città come Parigi, Bruxelles e Genova si siano già mosse in quella direzione, non manca chi opporrà resistenza al cambiamento.
«In realtà la discussione va avanti da tempo, era il 2012 quando ci fu la prima discussione nel mondo di chi si occupa di mobilità, quando ci fu una grande campagna nazionale intitolata “la civiltà ha un limite” – spiega Larghetti – Le reticenze ci saranno, perché come tutti i cambi di abitudine, anche quelli positivi, non piacciono».

Dagli studi sulle sperimentazioni emergono diverse risultanze. Ad esempio, come già ricordato, il mantenimento dei tempi di percorrenza, affiancato però da un calo della mortalità, da una riduzione dell’inquinamento acustico e anche di quello atmosferico, dal momento che le accelerate emettono più inquinanti.
Il nodo cruciale, però, è il cambiamento dello stile di guida. «Si tratta di cambiare il modo in cui guidiamo – ribadisce Larghetti – Non sarà facile e ci vorrà tempo. Abbiamo già visto le resistenze ai TDays o alla tangenziale delle biciclette e ora nessuno vorrebbe tornare indietro. Quindi dobbiamo accompagnare questa trasformazione, farlo senza eccessiva fretta, ma con una strategia per spiegare alle persone perché questo cambiamento è positivo per tutti».

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