Nel Comune di Bologna è polemica sulle benedizioni pasquali. Nonostante la sentenza del Tar che le ha vietate nelle scuole, in quanto luoghi pubblici e laici, sono state autorizzate alcune visite di un sacerdote negli uffici comunali. A Palazzo D’Accursio ad uscire deve essere chi non è d’accordo, venendo così costretto ad esporsi. La rabbia di Cgil e Uaar.

Quando uscì la sentenza del Tar sulle benedizioni pasquali nelle scuole pubbliche, il sindaco Virginio Merola e l’assessore alla Scuola Marilena Pillati non avevano esitato a manifestare la loro contrarietà alla decisione dei giudici. Vietare che un rito religioso di qualunque tipo si svolga all’interno di un edificio pubblico, che secondo Costituzione deve essere e rimanere laico, ai due amministratori era sembrato un eccesso di laicismo.
Ora, però, il problema si ripresenta e lo fa direttamente negli uffici comunali.

A Palazzo D’Accursio è polemica sull’autorizzazione che è stata concessa ad un sacerdote per effettuare le benedizioni pasquali negli uffici comunali. Alcuni dipendenti, infastiditi dalla comunicazione arrivata loro, hanno chiesto l’intervento del sindacato, il quale ha scritto una lettera in cui ribadisce quanto scritto nella Carta: gli uffici pubblici sono luoghi laici.
“La professione della religione ha già i propri luoghi, che nel caso della religione cattolica sono le chiese – osserva ai nostri microfoni Franco Nasi, delegato Cgil – La religione deve restare un fatto privato, altrimenti su che base domani vieteremo ad altre religioni di celebrare riti analoghi in Comune?”.

Oltre al principio, però, a creare problemi sono anche le modalità con le quali sono state organizzate le benedizioni. Non una saletta messa a disposizione dei dipendenti che volessero seguire la benedizione, come è successo in passato, ma la presenza del sacerdote direttamente negli uffici.
Ai dipendenti che hanno protestato è stato risposto che possono uscire a farsi una passeggiata. “In questo modo sono le persone laiche che sono costrette ad esporsi – sottolinea Nasi – Il credo religioso è un dato sensibile e invitare ad uscire le persone che non vogliono assistere ad un rito le obbliga automaticamente a manifestare il proprio credo o l’assenza di credo”.

Anche il contesto, secondo il sindacalista, non è irrilevante: “I dipendenti pubblici sono costantemente sotto attacco, a ragione o a torto, perché considerati fannulloni. Noi dobbiamo lavorare, non può essere una soluzione quella di invitarci ad uscire a fare una passeggiata”.
In linea con la sentenza del Tar, dunque, la soluzione dovrebbe essere il divieto di riti religiosi all’interno di strutture pubbliche.

Ma chi ha autorizzato le benedizioni? “Noi abbiamo scritto ai dirigenti, che sono coloro che rendono operativo l’input, ma non è facile risalire a chi ha dato l’autorizzazione”, osserva Nasi.
Quel che è certo, però, è che il sindacato e i dipendenti si aspettano una risposta da parte dell’Amministrazione prima che arrivino i giorni in cui sono state previste le benedizioni.