«Basta morti in mare, Crotone deve essere la goccia che fa traboccare il vaso». È con queste parole che Manuelita Scigliano, portavoce della Rete 26 febbraio, sintetizza le ragioni della manifestazione nazionale organizzata per sabato prossimo, 11 marzo, a Crotone, teatro della strage seguita al naufragio davanti alle coste di Cutro.
La rete si è formata spontaneamente nei giorni successivi alla tragedia per assistere i superstiti e accogliere i famigliari che arrivavano da tutta Europa, ma nel giro di poche ore, anche in reazione al dibattito che si è sviluppato, ha raccolto le istanze delle vittime e intende reagire alla loro criminalizzazione.

A Crotone dopo il naufragio la manifestazione nazionale per dire “basta morti in mare”

«Ci siamo messi subito a disposizione anche delle autorità per fornire assistenza psicologica, mediazione culturale, ma anche per colmare alcuni vuoti nel sistema di accoglienza – spiega Scigliano – Dopo questi primi giorni ci siamo resi conto che l’assistenza, il piangere insieme, il fornire una spalla di supporto non era sufficiente, perché bisognava dire basta».
Gli operatori non vogliono più assistere a simili tragedie e non vogliono essere costretti alle scene strazianti delle madri che devono riconoscere i corpi dei loro bambini.

Di qui l’idea di creare la Rete 26 febbraio, che è stata sommersa da adesioni da ogni parte d’Italia e, ad una settimana dalla tragedia, è arrivata ad essere composta da 300 associazioni.
La Rete si è già manifestata sabato scorso, dando vita a sit-in davanti alle Prefetture alla presenza dei famigliari delle vittime e dei superstiti e sabato prossimo, 11 febbraio, darà vita ad una marcia per le strade di Crotone, una manifestazione nazionale per dire “basta morti in mare”.

Le rivendicazioni che verranno portate nelle strade della città calabrese partono dal chiedere verità e giustizia sulla strage di Cutro e su tutte le stragi di migranti, ma anche per dire no alle passerelle del governo e di chi ha costruito il suo consenso criminalizzando i migranti e i salvataggi in mare, usando parole disumane e colpevolizzando le vittime. Al contempo la Rete 26 febbraio chiede di fermare la criminalizzazione delle ong e dei salvataggi in mare, di creare canali di ingresso legali e sicuri e di cessare ogni politica discriminatoria verso i migranti.
«Non si può continuare a criminalizzare i migranti o continuare a ripetere che le morti in mare si prevengono prevenendo le partenze – insiste Scigliano – Le morti in mare si prevengono garantendo vie legali e sicure di accesso e garantendo i soccorsi in mare».

I superstiti, fa sapere la portavoce della Rete, da un lato ringraziano chi si sta occupando di loro ed esprimendo in varie forme solidarietà. Dall’altra «fanno un distinguo col governo, che non ha salvato i loro cari e che al momento non fornisce risposte chiare e precise».
In particolare sono due le istanze presentate da superstiti e famigliari delle vittime: favorire il rimpatrio delle salme e garantire il ricongiungimento dei vivi. Né la premier Giorgia Meloni, né il ministro Piantedosi, impegnato a colpevolizzare le vittime, hanno dato risposte in questo senso. «Qualcosa si è mosso dopo la visita del presidente Mattarella – osserva Scigliano – che ha parlato coi famigliari e si è detto disponibile a seguire personalmente la vicenda».

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