Tra le reazioni della politica allo sgombero di Bancarotta di ieri si annoverano quelle della destra, Lega in particolare, che ha applaudito all’operazione rivendicandone il merito. È infatti un consigliere leghista il primo firmatario di un ordine del giorno presentato in Consiglio comunale che chiedeva la “liberazione” degli spazi. Ora l’ingresso di quegli spazi è murato, per cui ci sarebbe da riflettere sul concetto di liberazione che ha la destra, ma poiché a Bologna è all’opposizione, occorre dirigere lo sguardo altrove, verso la maggioranza.
Bancarotta, la questione posta prima dello sgombero
Il plauso della Lega era ciò che aveva favorito che, in occasione dello sgombero di Xm24 con tanto di ruspe, Matteo Lepore, allora assessore, aprisse un tavolo con gli attivisti per la ricerca di un nuovo spazio. Le trattative andarono avanti alcuni mesi, poi le proposte avanzate al centro sociale erano talmente periferiche e irricevibili da far sorgere il sospetto di una presa in giro.
In questi anni qualcosa è cambiato, perché al Partito Democratico non sembra preoccupare più l’assimilazione con la Lega, al punto che a livello nazionale ci governa insieme.
A dispetto degli slogan elaborati per la campagna elettorale delle ultime comunali, che vorrebbe Bologna come la città più progressista d’Italia, non si ravvisano al momento discontinuità rispetto al passato, nel metodo e nella sostanza, su come la giunta si rapporti a ciò che diverge dal cittadino-tipo o dall’associazione-tipo su cui sempre più viene disegnata la città. Gli spazi di socialità sono costretti nel consumo e la partecipazione, sovente intesa come ratifica dei progetti dell’Amministrazione stessa, è vincolata ad ottuse direttive burocratiche che lasciano un ruolo assai marginale alla politica e alla sua capacità di innovare.
Dopo un lunghissimo silenzio, ieri il Comune ha fornito la sua versione di come sono andate le cose con Bancarotta. Le nove realtà che animavano il progetto avevano accettato di percorrere il canale istituzionale del bando e l’occupazione è arrivata solamente tre anni dopo l’inizio del quel percorso, che si è scontrato contro un muro di burocrazia, dove ai tecnici di palazzo sembra essere stata demandata tutta la gestione del caso.
La versione di Palazzo D’Accursio è articolata e, a onor del vero, un po’ confusa. In realtà, i pomi della discordia erano due: uno tecnico-logistico e uno politico-gestionale.
Il primo riguardava le condizioni degli spazi messi a bando che, senza girarci troppo intorno, erano inagibili. Questo la dice lunga sulla considerazione che il Comune ha dell’associazionismo se gli spazi che mette a sua disposizione sono pressoché in malora. Un problema che non ha riguardato solo lo stabile di via Fioravanti 12, ma ad esempio anche l’ex centrale del latte in cui ora ha sede Crash, che ha richiesto interventi degli attivisti per rendere vivibile lo spazio. Le cronache raccontano che all’ex centrale sia stato necessario l’utilizzo del machete per farsi largo tra la vegetazione. Allo stesso modo diventa credibile quanto affermato da Bancarotta nel riportare una frase proferita da un esponente del Comune di fronte alle obiezioni del collettivo sulle condizioni del posto: «Se fosse stato agibile lo avremmo messo a valore».
Ma è sulla seconda questione che si è consumata la rottura. In particolare è il nodo della responsabilità e l’ottusità della burocrazia ad aver fatto saltare il banco. Come già detto, Bancarotta è una cordata di nove realtà, mentre il Comune voleva il nome di una sola persona giuridica, con tanto di codice fiscale (come testimoniato dall’ultima comunicazione inviata da Palazzo D’Accursio), a cui intestare la responsabilità dello spazio. Gli animatori del progetto, invece, chiedevano di trovare una formula per rendere la responsabilità collettiva, così come collettiva voleva essere la gestione dello spazio.
Dopo mesi di discussione, il Comune ha inviato un ultimatum: o vi va bene come diciamo noi o perdete il diritto allo spazio. Alla faccia delle formule innovative per la gestione dei beni comuni, che erano tra i contenuti stessi del bando e alla base della vittoria da parte di Bancarotta.
In realtà la questione a qualcuno potrebbe risuonare nella mente, dal momento che un dibattito del genere in città c’è già stato. Più precisamente dell’impostazione dei bandi e della responsabilità collettiva nella gestione degli spazi comuni si discusse quando venne rinnovata la convenzione di Xm24, molto prima che qualcuno, che ancora oggi circola per le sale di Palazzo D’Accursio, ritenesse il centro sociale “incompatibile col quartiere”.
Il tema del contendere era lo stesso: il Comune voleva il nome di un responsabile, gli attivisti volevano una responsabilità collettiva.
All’epoca una mediazione venne trovata, al punto che effettivamente la convenzione fu rinnovata. Anni dopo arrivarono le ruspe, ma questa è un’altra storia, molto triste, che tutti conosciamo.
La domanda inevasa attorno alla vicenda di Bancarotta è: per quale motivo in questa occasione non si è arrivati ad una mediazione simile a quella che si trovò per Xm24? Perché la politica non ha giocato un ruolo, lasciando in mano ai funzionari e alle questioni tecniche la faccenda?
Sgombero a trattativa iniziata: le possibili spiegazioni
Allora è proprio questa la questione centrale che oggi, a sgombero avvenuto, merita di essere approfondita. E per approfondirla occorre prendere in esame alcuni dettagli che hanno riguardato gli ultimi giorni.
L’occupazione di Bancarotta è cominciata il 12 marzo. Pochi giorni dopo gli attivisti hanno tenuto una conferenza stampa per spiegare le ragioni del loro gesto, ma anche per dire all’Amministrazione: «Hey, siamo qui!», in sostanza una disponibilità a riprendere un dialogo che si era interrotto.
Per alcune settimane da Palazzo D’Accursio non si è fatto vivo nessuno, mentre qualcosa si è mosso martedì scorso, quando la vicesindaca Emily Clancy ha chiesto un incontro urgente con gli occupanti, che si è effettivamente svolto.
Appena 36 ore dopo, però, è arrivato lo sgombero e ora si tratta di capire quali sono le ragioni. Le opzioni sul campo paiono essere tre.
La prima è quella esplicitata ieri dagli attivisti di Bancarotta che, dopo essersi seduti a un tavolo per iniziare a discutere, si sono visti repentinamente sgomberare: l’incontro era solo un avvertimento, una formalità per manifestare un’attenzione che nella sostanza però non c’era. Una sorta di alibi per lavarsi la coscienza.
La seconda ipotesi è quella di un corto circuito tra il Comune e la Questura. Qualcosa non ha funzionato nella comunicazione? La celere è stata più solerte di quanto ci si potesse immaginare?
La terza ipotesi è quella più inquietante, ma purtroppo è suffragata anche da alcuni elementi e riguarda i rapporti interni alla maggioranza di Palazzo D’Accursio. Sappiamo che nella principale forza politica, il Pd, ci sono componenti che non hanno accettato la svolta impressa dal sindaco Matteo Lepore e dalla segretaria Federica Mazzoni allo stesso partito. L’esclusione dalle candidature e dalle cariche di pezzi di partito più moderati, a partire dall’ex assessore Alberto Aitini, ma anche l’asse della coalizione più a sinistra, con l’alleanza con Coalizione Civica, a qualcuno non sono andati giù e sono diverse le occasioni in cui i moderati del Pd hanno manifestato atteggiamenti revanscisti.
Siamo di fronte a tentativi di mettere in difficoltà la componente di sinistra della giunta, in particolare la vicesindaca Emily Clancy? C’è chi vorrebbe bruciarla per riposizionare la maggioranza verso il centro o il centro-destra? Sono domande a cui non è facile trovare una risposta, ma credo sia legittimo porsele.
Qualora stia accadendo ciò che viene descritto nella terza ipotesi, però, la palla è tutta nelle mani di Coalizione Civica, che dall’inizio del mandato ad oggi ha già accettato provvedimenti che, dall’opposizione, riteneva inaccettabili. A partire dal Passante per cui, è bene sottolinearlo, alcune delle richieste di Coalizione Civica per calmierarne l’impatto, come ad esempio gli elettrofiltri, non sono state ancora inserite ufficialmente nel progetto e vengono demandate ad una fantomatica fase 2, nella quale il rischio concreto è che non vengano realizzate.
Qualora ci sia qualcuno nel Pd o in altre componenti di maggioranza che sta giocando per dequalificare Coalizione Civica, è bene che quest’ultima chieda apertamente al sindaco di esplicitare le sue intenzioni. E magari lo faccia pubblicamente, perché la politica rimane una questione di rappresentanza ed è giusto che i cittadini che hanno votato per una coalizione e per i suoi assetti sappiano come stanno le cose. E se si dovesse rendere conto che non c’è chiarezza, Coalizione Civica dovrebbe anche effettuare delle scelte, perché non si può dire che Passante e sgomberi siano politiche di sinistra.