Sei donne su dieci uscite dai centri antiviolenza non hanno un lavoro e il reddito di libertà, il sussidio per aiutare le vittime di violenza istituito nel maggio 2020 dal governo Conte bis, non è sufficiente a sostenere i percorsi di autonomia economica di tutte le donne che ne avrebbero diritto.
Sono alcune delle risultanze di “Diritti in bilico. Reddito, casa e lavoro per l’indipendenza delle donne in fuoriuscita dalla violenza”, il report di ActionAid pubblicato oggi, a pochi giorni dalla Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebrerà il 25 novembre.
Autonomia economica: un requisito fondamentale per uscire dalla violenza di genere
Nelle complesse dinamiche che riguardano la violenza di genere, in particolare quella domestica, l’autonomia economica delle donne è un aspetto fondamentale. Spesso, infatti, l’impossibilità di sostentarsi è uno degli elementi che fa desistere le donne dal denunciare violenze e soprusi, ma è anche un fattore che condiziona i percorsi di fuoriuscita dalla violenza. In particolare, il rischio è che le vittime ricadano nella spirale di violenza facendo ritorno dall’ex convivente per l’impossibilità di sostenere le spese per un’abitazione o per il mantenimento proprio e dei figli.
«Ogni anno sono circa 50mila le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza – sottolinea ActionAid – Nel 2020, le donne assistite dai CAV (Centri Anti Violenza) senza lavoro o risorse per rendersi autonome erano il 60,5%. E la quota sale al 70% tra le giovani dai 18 a 29 anni, le più precarie».
Gli strumenti a disposizione per garantire l’autonomia economica delle donne e di conseguenza la fuoriuscita completa dalla violenza sono stati implementati nel 2020, quando il governo Conte bis introdusse il reddito di libertà. Si tratta di un sussidio di 400 euro al mese, quindi insufficiente per garantire l’autonomia, ma comunque un aiuto economico che a volte viene integrato su base regionale.
Il problema, però, è che le risorse stanziate non coprono tutte le domande. Il reddito di libertà è stato finanziato con 12 milioni di euro per il periodo 2020-2022, ma secondo i dati della stessa Inps, nel primo anno solo 600 donne ne hanno beneficiato a fronte delle 3.283 richieste presentate, poco più del 18%. Con questi fondi si calcola che solo 2.500 donne potranno avere accesso alla misura, mentre secondo l’elaborazione di dati Istat compiuta da ActionAid sarebbero circa 21mila all’anno le donne che ne avrebbero necessità. In altre parole, solo una donna su dieci avrebbe accesso al sussidio.
«Abbiamo analizzato le politiche e gli strumenti che a livello nazionale e regionale vengono messi a disposizione per l’autonomia delle donne già inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza – spiega ai nostri microfoni Isabella Orfano di ActionAid – Quello che abbiamo scoperto è che sono stati resi disponibile 157 milioni di euro in otto anni. Apparentemente sembra una cifra elevata, ma così non è perché se prendiamo in considerazione le donne che ne hanno usufruito viene fuori che hanno potuto usufruire di 54 euro al mese».
Non va meglio per la casa, dal momento che le donne che fuoriescono dalla violenza rischiano quattro volte di più di conoscere il disagio abitativo.
In generale, dunque, il problema delle risorse destinate all’autonomia delle donne è che queste dovrebbero diventare strutturali, finanziate ogni anno e uniformi su tutto il territorio nazionale.
A questo scopo ActionAid ha lanciato sul proprio sito una petizione, intitolata “Free not freezed – Libere dalla violenza, congelate dalla politica”, nella quale viene chiesta al governo una svolta per garantire reddito, lavoro e autonomia abitativa affinché le donne non ricadano nella spirale della violenza. Nello specifico, la petizione chiede di garantire supporto economico, adottare politiche strutturali per il reinserimento lavorativo e il mantenimento dell’occupazione e assicurare l’accesso a soluzioni allogiative sicure e sostenibili nel lungo periodo per tutte le donne che fuoriscono dalla violenza di genere.
ASCOLTA L’INTERVISTA A ISABELLA ORFANO: