Il Comitato No Autonomia Differenziata dell’Emilia-Romagna non si fida del presidente della Regione Stefano Bonaccini e presenta una proposta di legge di iniziativa popolare per abrogare la risoluzione 7158 del 18 settembre 2018 con cui l’Assemblea Legislativa gli ha dato mandato di trattare col governo in materia.
Bonaccini, infatti, ha dichiarato di non condividere il ddl Calderoli, ma non ha abbandonato tout court l’idea di autonomia differenziata per l’Emilia-Romagna e, in base alla risoluzione, avrebbe ancora la facoltà di accordarsi con lo Stato. Il comitato – che sostiene non esista un’autonomia differenziata buona e una cattiva, ma avversa ogni progetto in tal senso – vuole stanare l’Emilia-Romagna a monte, rimuovendo il mandato del 2018.

Una legge di iniziativa popolare regionale contro l’autonomia differenziata

Una legge di iniziativa popolare per interrompere la rincorsa dell’Emilia-Romagna all’autonomia. Dopo la petizione che aveva messo insieme poco più di 3.200 firme contro la richiesta della Regione di più materie su cui avere potestà diretta, ora parte una nuova offensiva: è, appunto, la proposta di soli tre articoli per fermare le ambizioni dell’Emilia-Romagna.
È stata presentata oggi dal comitato regionale No Autonomia Differenziata che lanciò la petizione e che torna alla carica convinto che sia troppa la disinformazione attorno a questa operazione, e troppi i rischi che nasconde.

«Le firme della petizione ce le siamo sudate una per una, ma quando la gente ha capito non ha più cambiato idea rispetto alla contrarietà all’autonomia. Il problema è che la gente non è informata e si fida di una giunta di sinistra” che però, spingendo per l’autonomia, finisce a dare copertura a un progetto leghista», spiega in conferenza stampa Antonio Madera, del comitato che ora promuove la legge di iniziativa popolare. Dicendosi anche fiducioso che la Consulta regionale la ammetterà e non sarà impossibile raccogliere, tra fine maggio e metà giugno, le 5.000 firme necessarie a portarla in Assemblea legislativa.

La proposta chiede che si interrompa il processo in corso per acquisire l’autonomia su 15 materie chieste dall’Emilia-Romagna e di abrogare tutte le risoluzioni che hanno dato mandato al presidente Stefano Bonaccini di trattare con il governo su questo terreno. A Bonaccini viene anche chiesto di ritirare le intese già siglate con i precedenti governi a favore dell’autonomia dell’Emilia-Romagna.
«È vero che ha chiesto 15 materie e non 23-34 come Lombardia e Veneto – riprende Madera – ma alla fine chiedono tutte le materie possibili ed immaginabili e i progetti delle tre regioni, specie con le sottomaterie indicate dall’Emilia-Romagna, sono assolutamente sovrapponibili».

Madera insiste sul fatto che non si sta parlando di un decentramento amministrativo, ma legislativo e la differenza non è di poco conto. Per fare un esempio, l’Emilia-Romagna non vuole potere su scuola e sanità, «ma la chiede su lavoro e ambiente. E allora si pensi al fatto che le assunzioni regionali potrebbero avere influenza su scuola e sanità…», sottolinea il portavoce.
A Bonaccini poi, e soprattutto, il comitato rimprovera l’incoerenza di aver cercato l’autonomia con i governi precedenti per poi frenare mentre era in corsa per la leadership del Pd mettendosi contro il ddl Calderoli, salvo però continuare a dire che l’Emilia-Romagna propone una autonomia equa, solidale e giusta, mentre il disegno autonomista resta identico a quello di Veneto e Lombardia e mette in discussione la garanzia dei diritti e la uniformità dei diritti tra cittadini anche se venissero emanati i Lep.

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