Il Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge Calderoli sulla riforma dell’autonomia differenziata regionale. Il testo, che ha ottenuto il sostegno di 110 senatori, mentre 64 sono stati i contrari e 30 gli astenuti. Il ddl sarà ora trasmesso alla Camera per l’approvazione definitiva.
Durante le votazioni, l’aula ha vissuto momenti di tensione e patriottismo, con alcuni membri dell’opposizione che hanno esposto bandiere tricolori con lo slogan “Viva Verdi” e intonato l’inno di Mameli. Dall’altro lato, i rappresentanti della Lega hanno mostrato la bandiera con il Leone di San Marco.

Il disegno di legge approvato prevede che le Regioni a statuto ordinario possano gestire autonomamente alcune materie chiave, tra cui la sanità, l’energia, l’istruzione e la sicurezza sul lavoro. Secondo il presidente del Veneto Luca Zaia, questa rappresenta «una nuova forma di regionalismo moderno, superando le rovine dello statalismo del passato».
Soddisfatto, ovviamente, il ministro Calderoli, che ha sostenuto che l’autonomia differenziata non significa la secessione dei ricchi.

Il Senato approva il ddl sull’autonomia differenziata: il rischio è di nuove privatizzazioni

Sanità, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio estero: sono alcune delle 23 materie sulle quali le Regioni aumenteranno l’autonomia decisionale, di cui 14 sono le materie definite dai Lep, i Livelli Essenziali di Prestazione.
Proprio i Lep mancano nel testo approvato. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio. Il governo nazionale avrà 24 mesi di tempo dall’entrata in vigore del ddl per varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep, mentre Stato e Regioni avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.

«Considero quello di ieri un martedì nero per il servizio sanitario nazionale, la salute e la Repubblica italiana – commenta ai nostri microfoni Gianluigi Trianni del Comitato “No Autonomia Differenziata” dell’Emilia-Romagna – Quando il ddl arriverà alla Camera e sarà adottato, per quanto si dica che i soldi non ci sono ed è totalmente vero, al punto che buona parte delle materie delegate non saranno gestibili nella forma promessa, in realtà 8 materie non sono sottoposte ai Lep».
Non solo: per Trianni l’autonomia differenziata porterà a una svolta privatistica e una finanziarizzazione di molti settori.

Lo scenario che i contrari all’autonomia differenziata prefigurano è quello di forti privatizzazioni nelle quali tutte le Regioni saranno coinvolte. Trianni, che ha un passato nella dirigenza sanitaria, fa proprio l’esempio della sanità: «Il governo sta tagliando il fondo sanitario nazionale, quindi nessuna regione potrà mai affrontare, anche se autonomizzata, i problemi di tutela delle fasce deboli e di quelle medie». Il rischio, dunque, è nuovamente quello della privatizzazione in salsa regionale.

Anche se ora si è schierato contro il ddl Calderoli, il Pd ha dato un contributo fondamentale al processo dell’autonomia differenziata. In particolare, è proprio il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ad aver aperto il percorso insieme ai colleghi di Veneto e Lombardia. E anche se ha affermato di non condividere la riforma della destra, la Regione Emilia-Romagna non ha mai formalmente ritirato la richiesta e per via dell’articolo 11 del ddl ora potrà continuare a discutere col governo.

«Il federalismo non è presente nella nostra Costituzione – sottolinea Trianni – nemmeno nella pessima riforma del 2001. Al contrario, oggi servirebbe riportare al Parlamento nazionale il potere legislativo. In passato almeno Umberto Bossi è stato sincero, parlando di secessione». E non a caso ieri la Lega ha sventolato proprio la bandiera col leone di San Marco.

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