Che ci crediate o no, questo articolo è stato scritto alla vigilia del concerto dei Blur al Lucca Summer Festival (link alla recensione) e speravo potesse rimanere nel cassetto. Tuttavia, se per il sottoscritto nel pit è stato un “concerto degno” per molti nelle retrovie non lo è stato, e le lamentele sull’account della rassegna toscana fioccano (acustica e visuale inesistenti, i famigerati Token, birra a 7 euro). Ma il problema della macchina organizzativa dei grandi eventi è più ampio e troppo spesso la stampa si limita a descrivere il gruppo senza tenere conto di come siano stati i fans.

Siamo in pieno periodo di festival, di rassegne e di grandi eventi e naturalmente si parla di come sia stato quel gruppo o tale cantante. Raramente però escono articoli sull’organizzazione degli eventi. Premetto che il compito dell’organizzazione di un evento non è affatto facile, tuttavia assistiamo a delle mancanze e a una gestione impreparata che tocca ogni genere musicale (dal metal, all’indie, alle band di culto). Davanti ad un cartellone allettante è facile perdere la bussola per vedere i gruppi preferiti esibirsi live ma diciamo che è da tempo che i prezzi non siano più alla portata di tutti.

In un recente passato ho scritto un articolo sull’aumento dell’abbonamento del Primavera Sound che, nell’edizione del 2023, ha toccato i 315 euro. Molti (sui social) hanno obbiettato che visto il prezzo dei singoli concerti (che normalmente si aggira intorno ai 100 euro) l’abbonamento era facilmente ammortizzabile. Secondo questo ragionamento il suo valore potrebbe tranquillamente salire a 1000 euro per i tre giorni di festival (tanto mi vedo 10 100 1000 concerti al giorno!).
Ovviamente c’è chi se lo può permettere, e c’è chi pure si può permettere gli incontri a tu per tu con i membri della band del cuore pagando un’extra sostanzioso. Così si va al pub con gli Iron Maiden, a cena con i Depeche Mode e all’esame della prostata con i Kiss.
Non voglio essere frainteso: nessuno si aspetta il tappeto rosso all’entrata di un grande evento ma nemmeno file chilometriche per prendere una birra a 7/8 euro.
L’introduzione dei ‘token’ dovrebbe snellire certe lungaggini ma (ahimé) ci sono lunghe file per cambiare la valuta in gettoni. Si dice che con i contanti vi sia il problema degli ammanchi di cassa a fine serata ma questo non può ricadere su chi si vuole godere di un concerto senza entrare in strani cambi di valuta con gettoni di plastica. Il sovrapprezzo delle bevande (arriviamo a 3 euro per una bottiglia d’acqua!) e di un semplice panino sono un ulteriore scandalo che andrebbe risolto. Personalmente la ciliegina sulla torta fu il token (2 euro) che pagai per potere entrare in un bagno chimico a Firenze Rocks nel 2019 a fine concerto dei Cure. Ma il problema fila (che ci sta visto l’affluenza di massa) nasce all’entrata del grande evento. La perquisizione della security ha raggiunto livelli maniacali. Posso dire di vantare una confezione di Autanv confiscata (ancora Firenze Rocks) e un liquido di sigaretta elettronica su cui c’è stato un acceso dibattito tra una giovane leva (che non me lo voleva fare entrare) e un anziano più permissivo (Primavera Sound). La logica vorrebbe che l’acqua non fosse mai ritirata né in eventi all’aperto (soprattutto in estate) né in quelli al chiuso.

Penso che la meta da raggiungere sia il British Summer Festival che si tiene tutti gli anni ad Hyde Park a Londra, dove ancora una volta ho assistito al quarantennale dei Cure nel 2018. La macchina organizzativa ha fatto sì che non ci fossero lungaggini né per entrare né per rifocillarsi (addirittura con bagni ‘degni’ e senza alcuna fila). L’acustica era buona in qualsiasi parte del parco e la gente non era lì per un esperimento sociale o una puntata di Squid Game ma semplicemente come fans e, come tali, sono stati trattati.

Se sulla lunga distanza siamo vicini allo scenario apocalittico di Woodstock 98 (consiglio la visione del documentario), dove una folla inferocita diede fuoco a tutto dopo essere stata costretta a dissetarsi con l’acqua dei bagni chimici, spremuta al limite dell’indecenza, sui medii e piccoli festival la situazione è decisamente meglio.

L’aspetto ‘puro’ del festival (senza sponsor e con l’entrata up to you) l’ho riscoperto all’Handmade di Guastalla, dove l’organizzatore (Jonathan Clancy) assisteva personalmente alle performance dei gruppi. Da frequentatore abituale del Today’s Festival non posso fare a meno di elogiare anche Gianluca Gozzi (organizzatore) per portare avanti la kermesse torinese cercando di creare un festival all’avanguardia come line-up, con un costo del biglietto sostenibile in una zona difficile di Torino. Ferrara sotto le Stelle ha un passato glorioso e ho sentito parlare molto bene dell’ Ypsigrock di Palermo.

E’ bello che anche la nostra penisola sia finalmente diventata terra di festival (in passato non ci avrei scommesso una lira) ma sicuramente abbiamo (in generale) ancora molto da imparare, in fatto di organizzazione, per assistere ad un concerto degno.

Andrea Tabellini