La Camera ha approvato in via definitiva la legge contro il negazionismo. Reclusione da 2 a 6 anni a chi nega Shoah e genocidi. Il direttore dell’Istituto Storico sulla Resistenza, Luca Alessandrini, boccia la norma: “È folle e pericolosa. Non ci tutela dal negazionismo e mette in questione la libertà di pensiero e di ricerca scientifica. Servono invece politiche culturali”.
La Camera ha approvato ieri sera, in via definitiva, la legge contro il negazionismo. La nuova norma prevede la reclusione da 2 a 6 anni, nei casi in cui la propaganda, l’istigazione e l’incitamento si fondino “in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra” come definiti dallo statuto della Corte Penale Internazionale. Nello specifico sono punite le condotte di propaganda, istigazione e incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione.
Ad esultare sono il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, che la definisce “una pagina storica”, e il Pd, che parla di “una legge che guarda al futuro”. Contraria Forza Italia, che definisce la legge “tecnicamente orribile”.
A storcere il naso, però, non è solo la destra. Molti addetti ai lavori, tra cui storici e studiosi, hanno avanzato forti critiche. Tra questi Luca Alessandrini, direttore dell’Istituto Storico di studi sulla Resistenza “Ferruccio Parri” dell’Emilia Romagna.
“La legge non ci tutela dal negazionismo e mette in pericolo la libertà di pensiero e di ricerca scientifica“, afferma Alessandrini.
“Figurarsi se, per gli studi che ho fatto, non mi ribolle il sangue di fronte al negazionismo della Shoah, di genocidi o di crimini contro l’umanità – premette il direttore del “Parri” – ma il punto è che una legge serve solo per mettere a tacere la nostra coscienza, mentre sono anni che abbiamo rinunciato alle politiche culturali, al punto che oggi in Italia non c’è ancora una visione condivisa del fascismo, considerato anche a sinistra una dittatura all’acqua di rose rispetto al nazismo, cosa assolutamente non vera”.
Per Alessandrini, già le norme sulla ricostituzione del partito fascista e il reato di apologia sono inapplicate e inapplicabili, poiché oggetto di battaglia politica. Dovrebbero essere le politiche culturali ad estromettere la diffusione del negazionismo o del fascismo dall’assise politica.
Ma i rischi più gravi riguardano la libertà di opinione e di studio. “Se cambia il vento e si decide che, per ragioni di equilibri politici, quanto accaduto al confine orientale italiano dopo la Seconda Guerra mondiale è genocidio, benché dagli studi emerga che non possa considerarsi genocidio in senso stretto, andrà in galera chi sostiene che non fu genocidio?”, si chiede Alessandrini, che ai nostri microfoni fa anche altri esempi.
Oltre alla probabile inapplicabilità della legge, dunque, si crea una pericolosa imposizione delle letture dei fatti storici, che ostacola anche la ricerca scientifica.