Mentre Genova è costretta a rivivere l’incubo del 2011 e affrontare ancora una volta le conseguenze (annunciate) di un alluvione, tanti ragazzi si sono messi all’opera per ripulire le strade e i negozi dal fango. Ma la città, e l’Italia tutta, non può più rimandare quella che è la vera emergenza, la messa in sicurezza del territorio, e affrontare il problema del dissesto idrogeologico, che “fino ad oggi non è stato considerato la priorità”, come denuncia Legambiente.
L’alluvione che ha colpito la città di Genova giovedì scorso ha devastato una parte della città provocando morte e distruzione. Gli abitanti ancora sconvolti per l’alluvione che si era verificata nel 2011 sono stati costretti a rivivere le stesse emozioni e gli stessi problemi del recente passato. In questi giorni è rimasta ancora allerta 2 su gran parte della città che rimarrà fino alle ore 24 di oggi. Intanto centinaia di ragazzi provenienti da tutto il Nord Italia si sono recati nel capoluogo ligure per aiutare gli studenti, i commercianti e gli abitanti a ripulire le zone più colpite dall’alluvione e dai fiumi che erano straripati.
“Gli angeli del fango”, come erano stati chiamati nel 2011, sono tornati quest’anno impavidi, sorridenti e volonterosi, attrezzati di pale per ripulire le strade e le case che si trovano fra via XX Settembre e il Quadrilatero e fra via Galata e piazza Colombo. “L’attività e il sostegno dei volontari è stato ancora più immediato di quello del 2011 – così racconta Federica Romeo, una studentessa dell’Università di Genova che ha rivissuto il dramma del 2011 – ho la sensazione che ci siano ancora più volontari e che ci sia ancora più voglia di aiutare la città, non solo da parte di ragazzi genovesi ma anche da parte di studenti e ragazzi provenienti da altre parti d’Italia”.
Moltissimi giovani, sia ragazzi che ragazze, anche quattordicenni, scout, sportivi, sono stati richiamati grazie all’uso dei social network e dal passaparola sul web per aiutare anche moralmente le persone e i commercianti emotivamente scossi e disperati. “È un’esperienza che ti mette a contatto con quelli che sono gli effetti tragici – aggiunge Federica – però è stata anche un’occasione di condivisione con gli altri ragazzi e le persone di qualsiasi età”.
Quei ragazzi che si sono rimboccati le maniche per dare un aiuto concreto a Genova rappresentano una speranza per chi è costretto a ricominciare daccapo ancora una volta. Se è dunque questa la faccia bella di Genova e dell’Italia, dall’altra parte non si può fare a meno di notare come esista un’altra faccia, smemorata e colpevole. Quella di chi non fa tesoro delle lezioni del passato. “Negli ultimi anni l’emergenza sul dissesto idrogeologico è costata 800mila euro al giorno al nostro Paese – spiega Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria – Siamo contenti delle affermazioni del Premier quando dice che bisogna occuparsi di dissesto tutti i giorni, ma non è quello che abbiamo visto fino ad oggi. Non lo abbiamo visto nella nostra città e nella nostra regione, dove per decenni i torrenti sono stati coperti e cementificati. La farsa della messa in sicurezza nel nostro territorio ha fatto sì che si avvicinasse sempre più la popolazione ai punti più pericolosi”.
Quasi un anno fa, all’indomani della tragedia che colpì la Sardegna, un’inchiesta della rivista “La Nuova Ecologia” mostrò come nonostante l’alluvione del 2011 nel capoluogo ligure il cemento e l’incuria avanzassero. Un consumo di suolo incessante che interessava le aree più a rischio, vale a dire lungo il torrente Bisagno e il suo affluente Fereggiano, quest’ultimo ricoperto dall’asfalto per qualche centinaio di metri. Gli stessi corsi d’acqua esondati durante l’alluvione di giovedì scorso. “Chiediamo che venga rivisitata la logica delle grandi opere perché qui va recuperato il reticolo idrologico che è stato stuprato in questi anni – denuncia Grammatico – purtroppo penso che i nostri amministratori questa cultura non ce l’abbiano.
“C’è un problema di approccio – conclude il presidente dell’associazione ambientalista – fino ad oggi il dissesto idrogeologico non è stato considerato priorità, lo sono state considerate altre cose, come le grandi opere, che oggi dimostrano il limite di una logica e di un modello di sviluppo che non ha più senso di fronte a tragedie annunciate dai cambiamenti climatici in atto”.