Cyber stalking, diffusione non consensuale di immagini intime, ma anche bodyshaming. La violenza di genere viaggia anche in digitale ma, oltre agli strumenti di contrasto tradizionali elaborati dai centri antiviolenza, richiede una preparazione e dei percorsi di fuoriuscita specifici.
È su questi temi che si farà un focus domani, 10 dicembre, alle 9.30 nella Sala Marco Biagi in via Santo Stefano 119. Qui, infatti, si svolgerà un appuntamento del festival “La Violenza Illustrata” che porta proprio il titolo “Violenza di genere digitale. Dati, analisi, strumenti di contrasto e strategie di fuoriuscita“.

Un incontro per riconoscere e contrastare la violenza di genere digitale

«Per violenza di genere digitale si intende qualsiasi forma di violenza di genere che viene agita negli ambienti digitali, quindi online, sui social, o attraverso dispositivi digitali, come gli smartphone o i tablet», spiega ai nostri microfoni Elisa Coco di Comunicattive, che domani modererà l’incontro insieme a Stefania Minghini Azzarello di Pediod Think Tank.
Ad intervenire saranno l’autrice di “La rete non ci salverà” Lilia Giugni, Laura Miotto di “Una casa per l’uomo”, Giulia Nanni della Casa delle Donne, Isadora Seconi di Chayn Italia e la sociologa Silvia Semenzin, coautrice di “Donne tutte puttane”.

Non è facile stimare le dimensioni della violenza di genere digitale, anche per il fatto che in Italia non ci sono studi specifici. In Europa si stima che ben il 70% delle ragazze e delle donne abbia subito una forma di violenza online. Ma i numeri, ad esempio, che riguardano i gruppi Telegram con diffusione non consensuale di materiale intimo sono spaventosi. Il più grande conta un milione di iscritti, ma ce ne sono moltissimi che fanno salire vertiginosamente le cifre.

Nell’incontro di domani si ragionerà anche di strategie di contrasto, come l’autodifesa digitale, condividendo i progetti già operativi su questo versante.
«Ovviamente è importante l’educazione – sottolinea Coco – in tutti gli ambiti, a partire dalle scuole dove su questo tema non c’è un’educazione diffusa, ma basata solo sulla sensibilità delle singole insegnanti o sui progetti specifici».
Anche la formazione dei centri antiviolenza è importante, sia per riconoscere il fenomeno, sia per evitare che la tutela della persona vittima di violenza digitale sia garantita, ad esempio scongiurando l’escalation che la scoperta di un app per controllare gli spostamenti potrebbe generare.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ELISA COCO: