Quattro persone su cinque hanno dichiarato di aver subito discriminazioni per la loro identità di genere o per il proprio orientamento sessuale. Sono questi i risultati della ricerca svolta dalla Regione Emilia-Romagna in collaborazione con l’Università di Padova sulle discriminazioni vissute dalla comunità Lgbtqi+.
«L’indagine – ha sottolienato l’assessora alle Pari Opportunità Barabara Lori – è la prima, in questo ambito, fondata su elementi di tipo scientifico promossa da un istituzione pubblica su tutto il territorio nazionale».
Lgbtqi+ e discriminazioni, 4 persone su 5 vengono vittimizzate
La ricerca fa parte del pacchetto di provvedimenti previsti dalla legge regionale 15 approvata nel 2019, a seguito di un dibattito molto intenso e partecipato, ha spiegato l’assessora. Nello specifico è stato attivato uno strumento previsto dalla legge, cioè l’Osservatorio, composto sia dalla Regione che da altri soggetti pubblici, come per esempio aziende sanitarie o l’uffico scolastico regionale. Lo scopo è quello di intraprendere un percorso per costruire politiche capaci di contrastare discriminazioni legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale e questa indagine rappresenta, dunque, un punto di partenza nella realizzazione di questo obiettivo.
La ricerca è stata suddivisa in due fasi. La prima ha coinvolto soprattutto le associazioni che sul territorio si occupano di queste tematiche. Nello specifico «abbiamo raccolto circa 40 interviste a rappresentanti di associazioni», ha spiegato Luca Trappolin, sociologo che, insieme a Paolo Gusmeroli, ha realizzato l’indagine. Lo scopo di questa prima fase era quello di raccogliere interviste il più possibile approfondite così da poter contestualizzare al meglio i dati raccolti durante la seconda fase, quella del questionario diffuso in collaborazione con le associazioni Lgbtqi+ dell’Emilia Romagna.
Le prime interviste sono iniziate nel settembre 2021, mentre le ultime a ottobre 2022 e il questionario è stato compilato da 1.053 persone. La composizione è abbastanza eterogena dal momento che hanno risposto sia uomini che donne omosessuali, bisessuali e transgender: in questo modo è stato possibile, dunque, esplorare la vittimizzazione in maniera plurale ed eterogenea.
Il range va da persone di 13 ad altre di 70 anni, ma l’età media si aggira intorno ai 34 anni. Inoltre è importante sottolineare che l’indagine ha coinvolto soprattutto persone con una formazione elevata. Infatti il 40% è in possesso di una laurea, mentre il 14% ha intrapreso percorsi post laurea. E’ rimasta, dunque, esclusa dall’indagine una larga fetta di popolazione, spesso quella più emarginata e fragile.
Discriminazioni: i risultati della ricerca
Su circa 1.000 persone solo il 20% ha dichiarato di non aver mai subito alcuna forma di discriminazione: quattro persone su cinque, dunque, ne hanno subita almeno una forma nel corso della loro vita. Le discriminazioni subite possono essere suddivise in due grandi categorie: quelle verbali, più pervasive e meno riconoscibili, e quelle che hanno a che fare con aggressioni fisiche, sessuali e non.
Per quanto riguarda il primo caso più della metà del campione ha affermato di aver subito minacce o insulti sia online che offline.
Una delle discriminazioni principali all’interno di questa categoria è quella che in letteratura viene spesso definita outing, ossia la rivelazione da parte di qualcun altro della propria identità di genere o del proprio orientamento sessuale. Inoltre otto persone su dieci, cioè il 77%, hanno dichiarato di aver subito calunnie sia online che offline; si tratta delle aggressioni più comuni e, a differenza di quello che si potrebbe immaginare, la maggior parte avviene offline. Ogni insulto online se ne verificano almeno due nella vita vera. «Per quanto noi rivolgiamo la nostra attenzione al mondo virtuale e online, come è giusto che sia, non dobbiamo dimenticarci del mondo reale», ha sottolineato Trappolin.
Per quanto riguarda le aggressioni fisiche e sessuali, due persone su quattro hanno affermato di averne vissuta almeno una nella vita. Nello specifico una persona su cinque ha subito aggressioni intese in termini di spintoni e percosse; mentre l’11% ha dichiarato di aver subito violenze sessuali.
Un altro dato estremamente grave, ma probabilmente poco sorprendente, riguarda il numero di persone che denuncia questi episodi. Spoiler, o forse non tanto, la maggior parte non lo fa. Si preferisce, piuttosto, rivolgersi a parenti o persone amiche.
Nello specifico su 1.000 persone solo 54 hanno denunciato alle forze dell’ordine, ovvero il 5%; inoltre circa 1/6 ha dichiarato di aver evitato di rivolgersi alla polizia per il timore di subire un’ulteriore forma di vittimizzazione. All’interno di questo quadro abbastanza fosco si inserisce un ulteriore dato che non contribuisce a rendere la situazione più limpida, anzi. Infatti, 87 persone hanno raccontato di aver tentato di denunciare, senza alcun risultato dal momento che dalle stesse forze dell’ordine hanno subito un trattamento decisamente negativo.
Il 20% delle persone intervistate ha inoltre dichiarato di aver subito discriminazioni sul posto di lavoro, mentre il 24,8% ha rinunciato a proporsi ad un colloquio. Questo dato riguarda una fascia abbastanza giovane, nello specifico coloro che hanno tra il 25 e i 40 anni.
Oltre a produrre effetti devastanti a livello di benessere e qualità della vita, tutte queste esperienze incidono fortemente sulle scelte di vita di chi le subisce. Un esempio calzante riguarda il rapporto tra il livello di vittimizzazione subita e il modo di vivere la città. Nello specifico più la vittimizzazione è alta piu il rapporto con la città è limitato ai luoghi considerati sicuri e meno pericolosi.
ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA TRAPPOLIN:
Sofia Centioni