Prima è stata la volta di Lorenzo, studente di diciotto anni morto a Udine nello stabilimento metalmeccanico Burimec. Lo ha ucciso una trave d’acciaio, e in quello stabilimento stava finendo il suo percorso Pcto (Percorso per le Competenze Trasversali e l’Apprendimento), meglio conosciuto come alternanza scuola-lavoro. A distanza di poco più di un mese, ad Ancona, a perdere la vita è Giuseppe, 16 anni. Nel suo caso si trattava di un percorso di formazione professionale triennale.

Occupazione scuole e proteste contro l’alternanza scuola-lavoro: per noi è solo lavoro gratuito, vogliamo alternative

Sono i due episodi che hanno riacceso le proteste studentesche in Italia all’inizio del 2022. I giovani delle scuole superiori puntano il dito contro l’alternanza e le varie forme di impiego gratuito di studenti e studentesse nei posti di lavoro. «La vostra scuola uccide» è uno degli slogan urlati di fronte al Ministero dell’istruzione in più occasioni.

Le critiche non riguardano solo il tema della sicurezza – pur centrale, come dimostrano i casi di Lorenzo e Giuseppe – ma coinvolgono l’intero sistema di stage e alternanza. A partire dall’ideologia che ci sta dietro, come spiega ai nostri microfoni Ludovico dellUnione degli Studenti, uno dei principali sindacati studenteschi italiani. «L’obiettivo del Ministero è quello di portare studentesse e studenti dentro le aziende per insegnargli che non ci sia un’alternativa, come il loro percorso scolastico serva solo ad essere poi assunti là dentro. Per noi in questo modo si svilisce il ruolo pedagogico della scuola».

«Oltre al danno fatto agli studenti – in termini di tempo perso, sfruttamento, sicurezza – c’è poi il danno fatto agli altri lavoratori. Spesso le ragazze e i ragazzi sono impiegati per soperire a mancanze di personale delle aziende, sempre in ottica di lavoro gratuito» continua Ludovico. «Per noi ovviamente il punto non è recidere in toto il legame tra istruzione e lavoro. L’alternanza va smantellata, ma per sostituirla con un modello che metta in critica il lavoro presente. Quegli strumenti in cui la scuola è subordinata al mercato sono ovviamente inadatti, ma se ne possono costruire altri». In che modo, chiediamo. «Noi mettiamo in campo una proposta, l’Istruzione Integrata, che parte dal presupposto che la scuola sia un luogo di trasformazione del mondo, anche quello del lavoro. Significa far conoscere le problematiche del mondo di lavoro, parlare di alternative. Alcuni punti fermi per noi sono la gratuità dei percorsi relativi al lavoro, l’estraneità dello studente rispetto alla produzione di profitto e, sopratutto, l’uso delle risorse scolastiche. Le scuole hanno laboratori, macchinari, strumenti di didattica pratica che spesso rimangono inutilizzati».

Negli anni la legislazione sull’alternanza è molto cambiata. Chiediamo a Ludovico se questa per loro sia una vittoria, anche solo parziale. «L’alternanza è cambiata nel nome e nelle modalità, ma di modifiche sostanziali non se ne son viste. Certo, aver costretto il Ministero a recidere alcune partnership scandalose – penso a quella con McDonald – è un risultato di cui siamo orgogliosi. Ma abbiamo visto anche tante sconfitte. Sicuramente la vittoria non starà nei singoli temi, ma rispetto all’orizzonte di senso che vogliamo dare alla scuola».

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Lorenzo Tecleme