A una settimana dall’anniversario della strage esce il libro a cura di Paolo Bolognesi e Roberto Scardova: “più vicini alla verità”. Intanto Fioravanti e Gelli insultano i famigliari.

Con l’approssimarsi dell’anniversario della strage alla stazione di Bologna, come ogni anno, riesplodono le polemiche. Quest’anno a sollevarle sono state Valerio Fioravanti, il terrorista neofascista condannato come esecutore materiale della strage, e Licio Gelli, a capo della Loggia P2. Fiorvanti ha insultato direttamente il presidente dell’associazione dei famigliari delle vittime, Paolo Bolognesi, affermando che è un vecchio partigiano che nella strage ha perso solo la suocera. Gelli invece torna a negare le cause della strage, affermando che fu colpa di un mozzicone di sigaretta.

Intanto questa mattina è stato presentato il libro “Stragi e mandanti“, scritto dallo stesso Bolognesi insieme al giornalista Roberto Scardova.
“L’arroganza del potere – ha affermato il presidente dell’associazione dei famigliari – lascia delle tracce, come le lumache, basta seguirle per scoprire la verità e queste tracce portano ai mandanti della strage, che sono tra gli organi dello stato. Se non colpiamo lì quest’Italia non sarà mai davvero democratica”.

Il libro, scritto a quattro mani col giornalista del Tg3 Scardova, racchiude contributi anche del magistrato Claudio Nunziata e altri collaboratori, ha raccolto nuovi elementi e integrato e collegato i vecchi per avvicinarsi ancora di più ai veri responsabili dell’attentato del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.

La strage di Bologna non è un evento isolato, ma rientra in un piano che ha radici lontane, già nel secondo dopo-guerra, quando diversi soggetti politici e non, tra cui mafie, servizi segreti e aree fasciste cominciarono a instaurare relazioni per evitare l’ascesa del comunismo. Così prende il via una storia di stragi, crimini e segreti, ma soprattutto di depistaggi e falsificazioni. Una storia di misteri, le cui dinamiche sono ancora da capire, e che ha ottenuto il risultato di tenere questo paese in stallo impedendogli uno sviluppo democratico.

La Bologna di quel tempo stava dando dei segnali politici diversi, quindi pericolosi, perciò è stata colpita. L’associazione e la magistratura vanno avanti con le indagini e non si sono mai fermati in questo trentennio. Sanno che la portata politica, oltre che umana, dell’evento è ampia. Ciò che l’associazione delle vittime continua a chiedere sono risultati in parte già ottenuti, ma ancora ineffettivi, come l’abolizione del segreto di stato su stragi e terrorismo (in seguito alla raccolta firme del 1984), la liberalizzazione dei documenti relativi ai fatti in possesso degli organi statali (possibile dopo 30 anni dall’accaduto) e l’attuazione della legge 206 approvata già da 4 anni per le indennità delle famiglie delle vittime.

Risultati che, insieme alla forza della divulgazione e dell’informazione, potrebbero avvicinare sempre di più alla verità e quindi permettere di prendere consapevolezza rispetto ai problemi che da decenni bloccano questo Paese, prigioniero di fantasmi criminosi non solo del passato, poichè in parte tuttora in circolazione, spesso proprio laddove erano 30 anni fa.

Catia Squarcia