La donna senegalese, rinchiusa nel Cie dopo aver subita violenza, è uscita ieri sera grazie ad un permesso umanitario. Vittoria delle associazioni e dei cittadini che ne hanno chiesto la liberazione. L’associazione Migranda: “Ora la battaglia per gli altri migranti”

Adama Kebe, la donna senegalese rinchiusa nel Cie di Bologna dopo aver denunciato, lo scorso agosto, le violenze dell’ex compagno ai carabinieri di Forlì, è stata liberata ieri sera. Il foro di Forlì ha concesso l’autorizzazione per motivi di protezione sociale. Un’interpretazione particolare dell’articolo 18 in materia di tratta di esseri umani, che offre un permesso di soggiorno a chi denuncia il proprio aguzzino.
Nel caso di Adama non si può parlare di tratta, poiché la donna non è giunta in Italia attraverso la tratta e non è stata costretta alla prostituzione. Le valutazioni del foro di Forlì hanno però evidentemente colto il vuoto legislativo del nostro ordinamento ed hanno concesso alla donna la possibilità di uscire dal Cie. Ora Adama inizierà un percorso di protezione come vittima di violenza.

Sulla vicenda di Adama si era mobilitata la società civile e la pressione esercitata aveva spinto anche il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri a prendere posizione. A far conoscere la situazione della donna senegalese erano state le associazioni “Migranda” e “Trama di terre“. L’appello era stato lanciato in occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza alle donne.
Vittima in quanto donna e in quanto migrante, la storia di Adama ha ben presto raccolto l’indignazione della società civile bolognese e non solo, con oltre 500 firme raccolte in pochi giorni per chiedere la loro liberazione.

Ora che Adama è libera, le associazioni che si occupano di migranti festeggiano.
“È stato bellissimo vedere Adama sorridere all’uscita dal Cie”, ha detto Paola Rudan di Migranda ai nostri microfoni. “Ci sarà tempo per spiegare come è potuto succedere che Adama abbia perso la propria libertà a causa del ricatto della Bossi-Fini – prosegue l’attivista – per ora la cosa più importante è che sia libera”.

Sempre secondo l’associazione, la storia della donna migrante racconta la storia di tante altre donne e di migranti che per diverso motivo vengono ricattati e vessati proprio a causa della legge Bossi-Fini. Per questo motivo la lotta delle associazioni non si ferma. Obiettivo ultimo è la chiusura dei Cie e l’abolizione della legge.